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(Gio 3,1-5.10; 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20)
Duomo di Belluno, 24 gennaio 2021
Si saranno forse pentiti, nel corso della loro vita, Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni d’aver lasciato tutto (barche, pesca, lavoro) ed essere andati dietro a Gesù? Avranno, ad un certo punto detto: “Siamo stati imprudenti, impulsivi; è stato un colpo di testa, il nostro”? A distanza di un anno e mezzo Gesù avrebbe chiesto loro, vedendo che molti che lo seguivano lo lasciavano e lo abbandonavano: “Volete andarvene anche voi?” E Pietro, a nome anche degli altri apostoli, subito a dire: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,67-68). E sì che le parole di Gesù non erano sempre e solo consolanti e confortanti; erano spesso anche impegnative ed esigenti: “Amate i vostri nemici” (Mt 5,44); “chi ripudia la propria moglie la espone all’adulterio, e chi sposa una ripudiata commette adulterio” (Mt 5,32); “se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9,23). Eppure quelle parole erano avvertite ‘vere’ dagli apostoli, e addirittura li legavano sempre di più al loro Maestro.
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, stando con Gesù, sentivano la loro mente dilatarsi, il loro cuore infiammarsi, la loro vita acquistare dimensioni sempre più grandi. Gesù aveva promesso loro: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”. Sarebbero rimasti pescatori solo di pesci, Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni; pescatori di pesci per tutta la vita, sul lago di Galilea; invece, con Gesù, sono diventati ‘pescatori di uomini’, apostoli, portatori del messaggio di Cristo al mondo, messaggio che illumina e salva! Gesù, a chi lo segue, a chi cammina con lui, dilata la vita, le dà misura e proporzioni grandi, la rende feconda, ricca di bene e piena di senso.
Certo, è necessaria una conversione per seguire Gesù ed essere dei suoi. Subito prima della chiamata dei quattro apostoli Gesù aveva cominciato a predicare; e percorrendo le strade della Galilea, entrando nelle sinagoghe dei vari villaggi, diceva: “Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo”. E’ necessaria una conversione, un nuovo modo di pensare e di agire Ci vengono in mente le parole di rimprovero di Gesù a Pietro: “Con quello che stai dicendo, Pietro, tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mt 16,23). C’è un pensare secondo Dio e un pensare secondo il mondo.
Con frequenza papa Francesco, nelle sue omelie, parla del pericolo della ‘mondanità’, come lui la chiama; cioè dello spirito del mondo che rischia di infiltrarsi nell’animo dei credenti e di corrompere dal di dentro la Chiesa. “La mondanità -egli dice- è la cultura dell’effimero, che cerca ciò che passa; la cultura dell’apparire; cultura camaleontica, che non conosce fedeltà, perché cambia a seconda delle circostanze e negozia tutto, anche i valori più grandi e più importanti. La mondanità è il peggiore dei mali della Chiesa”, egli afferma.
Occorre difendersi dalla mondanità; è necessario tenersi stretti a Cristo, al suo modo di pensare, tanto diverso da quello di correnti di pensiero che mettono al centro l’uomo e non Dio; l’autorealizzazione di se stessi in una falsa libertà che si afferma autonoma e sganciata da ogni regola morale, e dallo stesso diritto naturale. E’ necessario mantenersi in continuo stato di revisione e di conversione. Ottimo esercizio, a questo riguardo, è leggere il Discorso della montagna, i capitoli 5-6-7 del Vangelo di Matteo; leggerli e confrontare con essi il proprio pensiero e la propria vita.
Convertirsi costa, chiede di lasciare tante cose: abitudini, stili di vita, affetti sbagliati, attaccamenti non buoni; potremmo anche andare in crisi. Anche gli apostoli ebbero un momento di crisi; Pietro un giorno disse a Gesù: “Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa ne avremo?” E Gesù a lui: “Avrete il centuplo quaggiù, e poi la vita eterna” (Mt 19,27-29); il Signore non si lascia vincere in generosità. Gli apostoli non si pentirono di aver seguito Gesù, e seguito del tutto; non ce ne pentiremo neppure noi.
don Giovanni Unterbergr