Bibliche sobrietà

L’istinto di accaparrarsi sempre maggiori beni, qualcosa sempre in più, è forte nell’uomo. Le cose esercitano sul suo animo un richiamo non facile da vincere e da dominare; gli antichi greci lo chiamavano pleonexìa, desiderio di avere non solo il necessario, ma anche il superfluo, e l’abbondante, anzi il sovrabbondante. La Sacra Scrittura conosce questa tendenza dell’uomo che pretende, illudendolo, di dargli vera felicità, e più volte lo richiama ad un comportamento di sobrietà.

Il popolo di Israele era uscito dalla schiavitù dell’Egitto e venne a trovarsi nel deserto senza cibo. Implorò il Signore, e Dio fece cadere, ogni notte, la manna. Il popolo al mattino la raccoglieva e se ne cibava, ma il comando del Signore era che ciascuna famiglia ne raccogliesse solo la quantità necessaria per quel giorno, senza farne avanzare per l’indomani, il di più imputridiva. Soltanto il venerdì poteva raccoglierne doppia quantità, che servisse anche per il sabato, giorno di riposo, in cui Dio non faceva scendere la manna (cfr Es 16,11-31). Dio voleva educare il popolo alla fiducia in lui, e ad accontentarsi del necessario.

In Israele vigeva la legge del Giubileo; ogni cinquant’anni le proprietà immobiliari, case, campi, possedimenti di vario genere, tornavano agli antichi proprietari. Il prezzo di ciò che veniva venduto e comperato nel corso dei cinquant’anni veniva fissato e variava a seconda di quanti anni mancassero all’anno giubilare (cfr Lv 24,8-17). Il fine di tale legge era di evitare il formarsi del latifondismo e arginare la sete di possedere oltre misura.

Il re Acab (874-853 a.C.) regnava in Samaria, e aveva una residenza anche in campagna, nella pianura di Esdrelon. Preso dal desiderio di allargare i propri possedimenti, chiese a Nabot, suo suddito, di cedergli la vigna confinante con la sua proprietà; gliel’avrebbe pagata. Al diniego di questi, s’irritò gravemente e acconsentì al progetto iniquo della moglie Gezabele di far uccidere Nabot. Il profeta Elia intervenne annunciando ad Acab il castigo di Dio (1Re 21,1.24). Dio non può sopportare l’avidità che porta fino ad uccidere.

Gesù raccontò la parabola di un uomo ricco che possedeva una vasta fertile campagna che un anno diede frutti abbondanti più del solito, tanto che decise di demolire i magazzini che aveva, per costruirne di più grandi e mettervi l’intero raccolto, e disse tra sé: “Anima mia, hai molti beni, per molti anni, mangia, bevi e datti alla gioia!”. Ma quel ricco morì ancora quella notte (cfr Lc 12,13-21). Le ricchezze non sono vera soluzione alla vita dell’uomo. Gesù disse: “Quanto è difficile per coloro che possiedono ricchezze entrare nel Regno di Dio. È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel Regno di Dio” (Lc 18,24-26). E invitò, esortando alla sobrietà: “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nei cieli, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,19-21). Quanto è saggia la preghiera: “Signore, non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il cibo necessario, perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: ‘Chi è mai il Signore?’, oppure, ridotto all’indigenza, non rubi e profani il nome del mio Dio” (Pr 30,8-9).

Guarigione dall’avidità e via sicura alla sobrietà di fronte ai beni materiali è la carità verso il povero.

Ma la Sacra Scrittura conosce anche la sete di potere che alberga nel cuore dell’uomo, e invita alla sobrietà pure in tale ambito. I nostri progenitori, nell’Eden non si accontentarono di poter mangiare di tutti gli alberi del paradiso terrestre, ma vollero sfidare Dio, mancando gravemente di misura; la conseguenza fu la rovina (cfr Gn 2,5-3,7). Senza misura e sobrietà fu il tentativo dell’umanità di costruirsi una torre che arrivasse fino al cielo, incurante di Dio e in opposizione a lui; si ritrovò divisa e dispersa sulla terra (cfr Gn 11,1-9). Il potere di Davide oltrepassò ogni misura, arrivando fino ad abusare di Betsabea e a farne uccidere il marito (cfr 2Sam 11,1-17). Significativi sono i passi dei profeti che descrivono la caduta di grandi città, quali Tiro (cfr Ez 27), e di potenti imperi, quali l’assiro (cfr Is 45,1-3) e il babilonese (cfr Is 46-47), innalzatisi in superba potenza.

Via verso la sobrietà, di fronte al potere, è l’umiltà; “Chi è più grande, chi sta a tavola o colui che serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve”, disse Gesù agli apostoli nell’ultima cena (Lc 22,27).

Sobrietà, poi, di fronte al desiderio sfrenato di godimento e di ricerca del piacere. Il Siracide esorta: “Non ti abbandonare alla tua passione, perché non ti strazi come un toro furioso; divorerà le tue foglie e tu perderai i tuoi frutti, sì da renderti come un legno secco. Una passione malvagia rovina chi la possiede” (Sir 6,2-4). E prega così: “Signore, padre e Dio della mia vita, non mettermi in balìa di sguardi sfrontati e allontana da me la concupiscenza. Sensualità e libidine non s’impadroniscano di me; a desideri vergognosi non mi abbandonare” (Sir 23,4-6).

La virtù della castità rende sobri nell’uso del piacere, rende aperti ai valori del Cielo, e ammette alla beatitudine dei puri: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8).

“Siate sobri, vigilate -esorta con vigore l’apostolo Pietro perché il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede” (1Pt 5,8,-9).

Don Giovanni Unterberger

Questa voce è stata pubblicata in Riflessioni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.