24^ domenica del Tempo Ordinario

Caravaggio – Vocazione dei santi Pietro ed Andrea – 1603-1606

clicca QUI per scaricare l’omelia

(Is 50,5-9a;   Giac 2,14-18;   Mc 8,27-35)  Anno B

Sabato 11 settembre 2021, risalente a sabato 15 settembre 2012

Ci possono essere dei momenti, delle situazioni, nella vita che ci costringono a una seria e stringente verifica. Fatti, eventi ci possono imporre domande profonde: perché vivo? perché mi sono sposato? che cosa sto inseguendo nelle mie giornate? Alle volte questi eventi accadono improvvisi e inaspettati, e richiedono risposte immediate, veloci e grandi.

Qualcosa di simile accadde a Pietro e agli altri apostoli nei pressi della città di Cesarea di Filippo, dopo che da due anni seguivano Gesù. Fu Gesù stesso a metterli in questa situazione, a metterli nella condizione di una forte verifica del loro rapporto con lui. Da tempo i dodici seguivano Gesù, ma perché lo seguivano? chi era lui per loro? cosa ravvisavano nella sua persona? che cosa si aspettavano da lui e dalla sua opera? Gesù chiese un giorno agli apostoli, senza che essi se lo aspettassero: “Voi, chi dite che io sia? Sì, la gente dice che io sono un profeta dell’Antico Testamento, o Giovanni Battista redivivo; ma voi, chi dite che io sia? Chi sono io per voi?” Pietro rispose per primo: “Tu sei il Cristo”, tu sei il Messia.

Grande risposta, che il Vangelo di Matteo dice essere stata data da Pietro grazie ad una particolare ispirazione dall’alto (Mt 16,17). Questa risposta metteva Gesù al di sopra di ogni uomo, ravvisava in lui l’inviato dal Padre a salvare l’umanità, l’annunciato dai profeti, il profeta definitivo. Ma il rapporto di Pietro e degli apostoli nei confronti di Gesù era ancora inadeguato e imperfetto; molto inadeguato e imperfetto! Gli apostoli consideravano Gesù un Messia vincitore, trionfatore; un Messia che avrebbe sbaragliato tutti e che avrebbe instaurato il suo regno nel mondo, tanto che due dei suoi apostoli non ebbero il timore di domandargli i primi posti nel futuro regno (Mc 10, 35-37). I miracoli e i successi di Gesù presso la gente alimentavano in loro questa convinzione.

E invece Gesù era un Messia che sarebbe dovuto essere crocifisso; un Messia che sarebbe risorto e che avrebbe vinto il mondo, sì (Gv 16,33), ma in un modo diverso da quello che essi pensavano; un Messia che sarebbe dovuto passare attraverso la sofferenza, il dolore, il fallimento, la croce e la morte. Di fronte a questa prospettiva dolorosa, che Gesù pose chiaramente davanti a Pietro e agli altri undici, la reazione di Pietro fu immediata: “Prese in disparte Gesù e si mise a rimproverarlo”. Pietro cominciò a dirgli, possiamo immaginare: “Gesù, cosa dici? non ci siamo! Questo non deve accaderti. Tu, in croce? non se ne parla neppure!” . Anche perché, a spingere Pietro a rifiutare tale destino del Maestro, non era solo l’amore per il Maestro, ma anche la preoccupazione e la paura per quello che sarebbe potuto accadere a lui e ai suoi amici.

La prospettiva della croce non era proprio quella di Pietro. Eppure Gesù insistette: “Pietro, vienimi dietro. Devi pensare secondo Dio e non secondo gli uomini”. Il che era come dire: “Devi rivedere il tuo rapporto con me. Dal rapporto con me Messia-trionfatore devi passare al rapporto con me Messia-destinato ad essere crocifisso. Sei capace di questa revisione? Sei disposto a questo cambio di prospettiva? Tu devi concepirti discepolo e seguace di un Messia crocifisso, e quindi mettere in conto nella tua vita sofferenza e persecuzione. Questo vuol dire essere mio vero discepolo”.

Ecco qui la parola e la provocazione che questo Vangelo lancia alla nostra vita. Che idea abbiamo di Gesù? come lo pensiamo? lo pensiamo un Gesù senza croce, o un Gesù crocifisso, che è arrivato al trionfo e alla gloria della Resurrezione, e a salvare l’umanità, attraverso la morte di croce? Il che significa: che idea abbiamo della croce? Come guardiamo alle nostre croci, alle nostre sofferenze, ai nostri dolori, ai nostri insuccessi, ai nostri fallimenti? Li vediamo come luogo unicamente di rovina e di morte, come materiale di scarto, o come possibilità di vita e di bene, come fu la croce di Cristo?

Essere discepoli di un Messia che è arrivato alla gloria passando per la croce e accettando la croce, ci chiede di essere forti di fronte alle nostre croci, capaci di accettarle e di portarle, come ha fatto lui. E capaci addirittura di accettare e di portare, con la sua grazia, le croci che ci fossero messe sulle spalle dal nostro prossimo in modo violento e ingiusto, senza cadere nell’insulto e nella vendetta. Ingiusta e violenta fu anche la croce di Gesù, e dall’alto della croce egli disse: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34). La croce, quale via alla gloria, deve essere sentita come via “normale” dal cristiano, perché questa fu la via percorsa dal suo Maestro e Signore. Su questa via, la via della croce, Gesù non mancherà di accompagnarci e di farsi nostro “cireneo”. Lungo il suo Calvario Gesù ebbe bisogno di essere aiutato dal cireneo; ora egli vuole ricambiare quell’aiuto ricevuto facendosi egli stesso “cireneo” di ogni uomo che sale il proprio Calvario.

Don Giovanni Unterberger

Questa voce è stata pubblicata in Omelie di Don Giovanni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.