16^ domenica dopo Pentecoste

Carl Heinrich Bloch – Discorso della Montagna – 1877

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(Ef 3,13-21;  Lc 14,1-11)

 12 settembre 2021, risalente a 16 settembre 2012

L’invito di Gesù, in questo brano di Vangelo che abbiamo ora ascoltato, è un invito di cui il nostro cuore ha grande bisogno. Perché il nostro cuore soffre ed è in affanno per due malattie: la superbia e l’egoismo. E Gesù ci dice: “Cerca l’ultimo posto; non cercare il primo posto, cerca l’ultimo posto”; e ci dice: “Sii gratuito nel donare; dona senza attenderti il contraccambio, senza attenderti ricompensa. Dona solo”.

Un cuore così, come Gesù ci invita ad avere, è una bella impresa! Solo lo Spirito Santo ce lo può dare; noi non siamo capaci di darcelo, di procurarcelo. Ecco allora san Paolo che, nella prima lettura, prega per ottenere ai suoi cristiani di Efeso un cuore così. La sua preghiera è intensa, forte e appassionata; non la fa seduto, e neanche in piedi; la fa in ginocchio, perché è in ginocchio che si chiedono le cose grandi: “Io piego le ginocchia davanti al Padre, perché vi conceda di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell’uomo interiore. Che Cristo abiti per la fede nei vostri cuori”. Ecco il cuore nuovo; il cuore nuovo è un cuore abitato da Gesù. “Che Gesù abiti per la fede nei vostri cuori”. Cristo deve abitare nel nostro cuore.

Cosa c’è nel nostro cuore? Non tutto è buono nel nostro cuore. Gesù ci ha avvertito: “Dal vostro cuore escono intenzioni cattive, fornicazioni, furti, adulteri, malvagità, invidia, superbia, stoltezza” (Mc 7,21-23); ma nel nostro cuore c’è anche posto per Gesù. Il nostro cuore è stato creato per lui. Forse ci pensiamo poco al fatto che il nostro cuore è stato creato per Dio. Per Dio, prima che per altri; per Dio, prima ancora che per il prossimo. Come è importante che questa realtà, questa verità, venga capita e riconosciuta! Capìta e riconosciuta anche già fin dalla giovinezza, dal giovane che sente il desiderio di dare il cuore ad una ragazza; dallo sposo, dalla sposa, che hanno deciso di donarsi il cuore l’uno all’altra; dal sacerdote, che deve amare Dio più della sua comunità, più di ogni persona della sua comunità. Il cuore dell’uomo è fatto prima di tutto per Dio.

Di fronte a questa impostazione e a questa realtà nasce forse in noi una specie di diffidenza, una specie di disappunto, e di resistenza: ci viene più istintivo dirigerci subito e direttamente a un cuore umano. E invece l’orientamento del nostro cuore e il suo essere fatto prima di tutto, e nel più profondo di sé, per Dio, è la nostra fortuna. Per due motivi. Primo perché il nostro cuore è così grande e così profondo che solo Dio lo può riempire e colmare. Nessuna creatura al mondo, per quanto grande, per quanto ricca, bella e dotata di doni e qualità, è capace di essere risposta piena al nostro cuore. Dio è la risposta esauriente al nostro cuore. E, secondo, perché nella misura che Dio, che Cristo, abita il nostro cuore, noi siamo fatti buoni, santi, capaci di amare.

Paolo prega in ginocchio: “Che Cristo abiti profondamente nei vostri cuori. Che lo Spirito Santo vi rafforzi potentemente nell’uomo interiore”. Abbiamo bisogno della potente forza e azione dello Spirito Santo per diventare persone ben riuscite, conformi al modello perfetto, Gesù. Nella misura in cui Gesù abita e vive nei nostri cuori, noi siamo capaci di fare la volontà di Dio; siamo capaci di affrontare ogni evenienza della vita nella fiducia e nella pace; abbiamo uno sguardo buono e di misericordia verso le persone, anche verso chi ci fosse pesante da sopportare, anche verso chi ci avesse offeso. La mitezza di Gesù, la pazienza di Gesù, l’attenzione verso il piccolo e il debole di Gesù, la capacità di sacrificio e di dono di sé di Gesù, sarebbero nostre. L’umanità ha bisogno di diventare “cristiana”, cioè di porre Cristo nel proprio cuore.

Non ci deve scoraggiare l’altezza del compito. Ad Abramo centenario che diceva: “come posso diventare padre alla mia età?” Dio disse: “C’è forse qualcosa di impossibile a me?” (Gn 18,14); a Maria, che si chiedeva come sarebbe potuta diventare madre senza concorso d’uomo, l’angelo disse: “Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37); agli apostoli che si chiedevano: “Chi si può salvare, se la proposta di vita che ci viene fatta è così alta?” Gesù disse: “Impossibile agli uomini, ma non impossibile a Dio” (Lc 18,17). San Paolo ha concluso il brano dicendo che Dio “ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare”. Dio è forte ed è capace di fare sì che Cristo abiti nei nostri cuori, anche se a noi pare cosa troppo grande e troppo alta, irrealizzabile. C’è un modo per aiutare Dio e permettergli di realizzarla: è il desiderio; è il desiderare che Dio possa operare questo miracolo in noi; è dire e ripetere: “Signore, che Cristo abiti nel mio cuore; Signore, che Cristo abiti nel mio cuore”.

Se ripeteremo spesso questa preghiera, e se sarà vivo e ardente il nostro desiderio, Cristo verrà davvero ad abitare il nostro cuore, e noi saremo fatti uomini nuovi, trasformati da lui e in lui, resiglisi simili e somiglianti.

Don Giovanni Unterberger

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