19^ domenica dopo Pentecoste

Sandro Botticelli – Nastagio degli onesti, quarto episodio – 1483

clicca QUI per scaricare l’omelia

(Ef 4,23-28; Mt 22,1-14)

Domenica 3 ottobre, risalente al 7 ottobre 2012

C’è un invito a nozze per noi. È annunciata una festa. Siamo desiderati a questa festa. È una festa grande e sontuosa, quale è la festa dell’erede al trono, del figlio del re, che si sposa; ed è una festa del tutto singolare e speciale, perché ad essa sono invitati “buoni e cattivi”; l’evangelista Luca dice: “poveri, storpi, ciechi e zoppi” (Lc 14,21). C’è posto per tutti; c’è posto anche per noi!

Ma qual è questa festa? in che cosa consiste? Chissà cosa risponderebbe la nostra fantasia a questa domanda. Forse risponderebbe che questa festa ci piacerebbe fosse una situazione di benessere, di sicurezza economica, di salute fisica, di successo professionale, in ogni caso di felicità.

E di felicità in effetti si tratta. Ma in un modo e per una via del tutto particolare, da noi probabilmente non immaginata.

Ci viene in aiuto san Paolo, che nella prima lettura ci ha detto: “dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera”.

Rivestire l’uomo nuovo”, l’uomo secondo Dio, l’uomo come lo vuole Dio, ecco la festa, ecco la felicità! È come andare a nozze, rivestire “l’uomo nuovo”; è come entrare in una grande festa, diventare nuovi. E qual è quest’ “uomo nuovo”?

In un’altra sua lettera Paolo lo precisa e dice: “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo” (Rm 13,14). È lui, Cristo, l’ “uomo nuovo, l’uomo creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera”, l’uomo modello di ogni uomo, di cui rivestirci.

Ogni mattina noi ci vestiamo e scegliamo gli abiti giusti, adatti alla giornata che ci attende, giornata di lavoro, o di svago, di attività sportiva, o di cerimonia… siamo molto attenti a quali vestiti indossare. Dovremmo ogni mattina, al primo risveglio, dirci: “Voglio rivestirmi del Signore Gesù Cristo”; oggi voglio che sia lui il mio vestito; voglio che sia mia la sua mitezza, la sua bontà, la sua benevolenza, la sua castità, la sua umiltà, il suo rapporto col Padre. Voglio che chi mi vede non veda me, ma veda lui; che chi mi contatta non contatti me, ma contatti lui; veda in me il Signore Gesù Cristo, perché mi sono rivestito di lui!

Questa, fratelli, è la vera felicità; in questo consiste la vera festa di nozze. L’uomo è felice e sta bene in proporzione e nella misura che è santo, in proporzione e nella misura che assomiglia a Cristo, che è conforme a Cristo, che si è rivestito di Cristo, l’uomo ben riuscito.

I vestiti che noi indossiamo al mattino ci rivestono al di fuori, ma lasciano intatto ciò che noi siamo; se siamo piccoli, saremo ben vestiti, ma rimarremo piccoli; se siamo un po’ sciancati, saremo ben vestiti, ma rimarremo un po’ sciancati. Non così invece chi si riveste di Cristo. Chi si riveste di Cristo viene cambiato nel suo profondo da Cristo; Cristo lo assimila a sé, lo conforma a sé, lo rende “icona” di sé.

I santi si sono rivestiti di Cristo, e noi vediamo Cristo in loro. Vediamo la semplicità e la povertà di Cristo in san Francesco d’Assisi; abbiamo visto la carità di Cristo in madre Teresa di Calcutta, l’umiltà di Cristo in papa Lucani, la passione di Cristo in papa Wojtyla.

Nei santi vediamo lui, Cristo. E perché non potrebbe realizzarsi anche in noi ciò che si è realizzato in loro, e ciò che Paolo diceva di sé: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”? (Gal 2,20). Così che siamo vestiti a festa, vestiti come quando si va a nozze, felici come ad una festa di nozze?

La cosa bella, stupefacente e tanto incoraggiante è che a questa festa sono invitati tutti, “buoni e cattivi”, “poveri, storpi, ciechi e zoppi”. Anzi, in particolare i “cattivi”, i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi, perché questi hanno più bisogno di questa festa. Si sta male ad essere “cattivi”, ad essere storpi, ciechi e zoppi; si sta meglio a vederci bene, a camminare bene, a correre liberi e spediti sulle vie del bene. E il Signore è venuto proprio per chiamare e invitare alla festa i poveri, i ciechi e gli zoppi, cioè i peccatori. “Non sono venuto a chiamare i giusti – egli disse – ma i peccatori” (Mt 9,13).

Lasciamoci prendere da questo invito, accettiamo ed affrontiamo la fatica del rivestirci di Cristo. Anche indossare gli abiti al mattino ci costa ed è fatica se abbiamo male ad un braccio o abbiamo qualche altro problema fisico; però, rivestiti degli abiti, siamo più belli e presentabili a tutti. A premio della nostra fatica il Signore ci renderà belli e presentabili ai suoi occhi, presentabili anche agli occhi dei fratelli, perché rivestiti dell’abito di nozze.

don Giovanni Unterberger

Questa voce è stata pubblicata in Omelie di Don Giovanni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.