
clicca QUI per scaricare l’omelia
(Es 32,7-11. 13-14; 1 Tim 1,12-17; Lc 15,1-32)
Sabato 10 settembre 2022, risalente al 17 settembre 2013
La misericordia è la connotazione più profonda dell’amore di Dio. L’amore di Dio è fatto di tanti ingredienti: è un amore preveniente; ci ha prevenuti e preceduti quando ancora non esistevamo, chiamandoci alla vita. L’amore di Dio è un amore fedele, che non ci lascia più, che non verrà mai meno nei nostri confronti e sempre ci amerà. L’amore di Dio è un amore generoso, che in mille modi e di continuo ci copre di benefici e di doni. L’amore di Dio è un amore tenero, che si prende cura di noi fino a contare il numero dei capelli del nostro capo e fino ad accompagnarci passo dopo passo nel nostro cammino.
Ma tutte queste prerogative, meravigliose, dell’amore di Dio non sarebbero sufficienti per noi, per il nostro destino, per la nostra salvezza, se ne mancasse una, se mancasse la prerogativa della misericordia.
Noi abbiamo peccato; ci siamo fatti tutti un “vitello d’oro”; siamo tutti pecorelle che si sono perdute; siamo tutti figli allontanatisi da casa e finiti a mangiare le carrube dei porci. Senza l’aiuto di Dio, dice sant’Agostino, noi non saremmo stati più capaci di tornare a Dio. Se l’amore di Dio, preveniente, fedele, generoso, tenero, non fosse anche misericordioso, per noi non ci sarebbe speranza, perché noi abbiamo bisogno di misericordia, abbiamo bisogno di indulgenza, di pietà, di perdono. L’amore di Dio nei nostri confronti non può non essere se non misericordioso; Dio non può amarci se non di amore di misericordia, perché noi siamo peccatori e tante volte l’abbiamo disgustato ed offeso. Solo nella sua misericordia noi possiamo vivere.
La Sacra Scrittura, rivelazione di Dio, ci mostra un Dio misericordioso. Fin dall’Antico Testamento, quella parte della Bibbia che tende presentarci un Dio anche severo e castigatore, Dio ci appare un Dio di misericordia. Israele nel deserto si è costruito un idolo d’oro, si prostra davanti ad esso, meriterebbe di essere punito, castigato, divorato dall’ira divina; e Dio si lascia placare da Mosè, dalla sua preghiera, e usa misericordia; perdona. Israele, arrivato nella Terra promessa, si dà all’idolatria, fino ad erigere statue pagane nel recinto santo del tempio. Dio si arrabbia, gli verrebbe da trattare Gerusalemme come Sodoma e Gomorra distrutte dal fuoco, ma poi dice: “Come potrei trattarti così, Gerusalemme? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo allo’ardore della mia ira, non ti distruggerò, non ti annienterò, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te, e non verrò nella mia ira” (Os 11,8-9). “Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve; se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana”, dice Dio nel libro del profeta Isaia (Is1,18). E nel libro del profeta Michea troviamo scritto: “Signore, quale dio è come te, che togli l’iniquità e perdoni il peccato, che non serbi per sempre l’ira, ma ti compiaci di usare misericordia? Tu tornerai ad avere pietà di noi, calpesterai le nostre colpe, getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati” (Mi 7,18).
Così l’Antico Testamento, e il Nuovo Testamento è il trionfo della misericordia! Gesù dice: “Non sono venuto per i giusti, ma per i peccatori. Misericordia voglio, più che sacrifici al tempio” (Mt 9,13). Gesù accoglie i peccatori, li perdona, li fa suoi apostoli, difende la peccatrice dalle pietre dei farisei, racconta la parabola della pecorella perduta e ritrovata, della moneta perduta e ritrovata, del figlio andato malamente via da casa e riaccolto con amore e con festa dal padre misericordioso e buono.
L’intento di Gesù nel parlare di Dio con queste parabole era certamente, in primo luogo, quello di dirci che Dio è un Dio di misericordia, ma insieme con queste parabole Gesù voleva anche incoraggiarci e spingerci a gettarci con confidenza tra le braccia di Dio padre, e di tornare a lui con fiducia qualora avessimo peccato, qualora avessimo commesso sbagli e cattiverie nella nostra vita. Dio è buono e sempre accoglie. Nessun peccato è così grave da non poter essere perdonato.
Occorre che facciamo come ha fatto il figliol prodigo. Il figliol prodigo, dice il Vangelo, rientrò in se stesso, e disse: “Mi alzerò, e andrò da mio padre; gli dirò: ‘padre ho peccato verso il Cielo e davanti a te”. Il figliol prodigo ha percorso a ritroso la via dell’allontanamento, della ribellione, del peccato. Era andato via di casa, ritorna a casa. Si era dato ad una vita dissoluta, abbandona quello vita dissoluta; si converte; torna ad essere il figlio di prima. Ogni conversione trova la misericordia di Dio. La trova in particolare in quel sacramento di misericordia che è la Confessione, e che Gesù ci ha lasciato proprio perché noi sperimentassimo la misericordia di Dio, e potessimo sentirci dire le parole che ci dice il sacerdote confessore e che sono tra le parole più belle al mondo che possiamo sentirci dire: “Figlio, ti sono rimessi i tuoi peccati; va in pace”.
Siamo dentro un abbraccio infinito e tenero di misericordia. Occorre che sappiamo anche dare misericordia. La figura che meno ci piace nella parabola del figliol prodigo è la figura del fratello maggiore, che è duro e che non sa essere comprensivo, accogliente, perdonante nei confronti del fratello ritornato. Riceviamo misericordia, diamo misericordia. “Beati i misericordiosi”, dice Gesù (Mt 5,7). Quella della misericordia è forse la beatitudine di cui più abbiamo bisogno noi, e di cui ha più bisogno chi vive vicino a noi; di cui ha più bisogno tutto il mondo.
don Giovanni Unterberger