31^ domenica del Tempo ordinario

Giotto – Ingresso a Gerusalemme – 1303-1305

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(Sap 11,22-12,2; 2Tess 1,11-2,2; Lc 19,1-10)

Sabato 29 ottobre 2022, risalente al 2 novembre 2013

Le parole che abbiamo sentito proclamare nella prima lettura sono tra le più belle di tutta la Bibbia: “Signore, tutto il mondo davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Tu hai compassione di tutti; tu chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te”.

Queste parole sono parole di fiducia, di speranza, di consolazione; sono la degna introduzione all’episodio di Zaccheo, che ci ha raccontato il Vangelo.

Gesù era arrivato a Gerico e, passando sotto un albero di sicomoro, vi vide arrampicato un uomo. Tenne il suo sguardo fisso su di lui, volle incrociare lo sguardo di quell’uomo; e quando i suoi occhi furono negli occhi di quell’uomo, gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Gesù era pressato dalla folla, ma guardò con intensità Zaccheo. Gli voleva già bene. Gli volle parlare.

Chissà quante volte la gente di Gerico, incontrando per strada Zaccheo, pubblicano noto per le sue ruberie, avrà distolto lo sguardo da lui! Come si faceva a guardare un uomo così? Se ne stesse lontano! Via dagli sguardi! E invece Gesù lo guardò, lo cercò con lo sguardo. “Anche lui è figlio di Abramo”, dirà. Ogni uomo, per quanto peccatore e perduto, restava per Gesù un “figlio di Abramo” da guardare con misericordia, un chiamato alla salvezza, un appartenente a quella grande famiglia che Dio guarda e vuole redimere e salvare.

Per Zaccheo quel giorno dovette essere un giorno unico, un giorno mai vissuto; avvertì su di sé uno sguardo mai sperimentato prima d’allora. Sguardo che lo accettava, che lo accoglieva così com’era, con la sua coscienza sporca e carica di tante frodi e di tanti imbrogli. Ma quello sguardo aveva saputo andare al di là di tutto, e risuscitare quel po’ di bene che il cuore di Zaccheo ancora conservava nel profondo. Tanto che Zaccheo disse: “Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Zaccheo si convertì; nessuno l’avrebbe immaginato, nessuno ci avrebbe scommesso; ma Zaccheo si convertì; fu convertito da quello sguardo buono di misericordia di Gesù.

Il Vangelo è pieno di sguardi buoni di Gesù. Gesù, passando lungo il mare di Galilea, “vide” Simone e Andrea, e li chiamò (Mc 1,16). Arrivato a Nain, Gesù “vide” la donna vedova che accompagnava alla sepoltura il suo unico figlio, e glielo risuscitò (Lc 7,13-15). Scendendo dalla barca, “vide” molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose (Mc 6,34). Uscito dalla casa del sommo sacerdote, Gesù “guardò” Pietro, che l’aveva appena rinnegato, con uno sguardo di compassione e di perdono (Lc 22,61).

Lo sguardo di Gesù era uno sguardo dolcissimo, buono, compassionevole, confortevole, di incoraggiamento e di fiducia. Suscitava speranza. Era l’incarnazione e l’espressione fisica dello sguardo di Dio su ciascuno di noi.

Dio ti vede”, ci insegnavano una volta; e quel “Dio ti vede” ci incuteva paura, preoccupazione, quasi ansia. Sì, “Dio ci vede”, ma il suo sguardo è solo sguardo d’amore, è lo sguardo di un padre, di una madre che guardano al loro figlio, alla loro figlia, solo per accompagnarli, per custodirli, per difenderli, per aiutarli, per soccorrerli. Non dobbiamo avere paura dello sguardo di Dio su di noi, sulla nostra vita; neanche sul nostro peccato, perché Dio è perdono dei peccati.

Ho trovato su di un libro questo passaggio molto bello: “Avevo un ottimo rapporto col Signore, gli chiedevo delle cose, conversavo con lui, lo lodavo, lo ringraziavo. Ma avevo sempre la sgradevole sensazione che lui volesse che lo guardassi negli occhi; ed io non lo facevo. Pensavo che avrei trovato nei suoi occhi l’accusa di un qualche peccato di cui non mi ero pentito. Pensavo che avrei trovato una richiesta nei suoi occhi: ci sarebbe stato qualcosa che lui voleva da me. Un giorno finalmente mi feci coraggio e guardai. Non c’era nessuna accusa. Non c’era nessuna richiesta. Gli occhi dicevano solo: ‘Ti voglio bene!’ Guardai a lungo quegli occhi. Li scrutai. Ma il solo messaggio era: ‘Ti voglio bene!’ Ne fui commosso”.

Dio ci guarda solo per dirci che ci vuole bene. In quello sguardo noi possiamo tuffarci; sotto quello sguardo noi possiamo trascorrere sereni la vita. Se l’avremo davvero incrociato quello sguardo, e se l’avremo davvero capito per quello che esso è, non potremo fare a meno di riamare. E allora la nostra vita cambierà; diventerà come la vita buona di Zaccheo dopo l’incontro con lo sguardo di Gesù.

Sentiamoci guardati dal Signore; lo ameremo!

don Giovanni Unterberger

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