3^ domenica di Pasqua

Michelangelo Merisi da Caravaggio – Cena in Emmaus – 1601-1602

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(At 2,14a. 22-33;  1Pt 1,17-21;  Lc 24,13-35)

Sabato 22 aprile 2023, risalente al 3 maggio 2014

“Resta con noi, Signore, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Queste parole che i due discepoli di Emmaus rivolsero a Gesù, possono ben essere anche le nostre parole. Quante volte si fa sera nella nostra vita, sull’orizzonte del nostro cammino! Quante volte si fa sera nella nostra mente, e non capiamo più il senso di ciò che ci accade; si fa sera nel nostro cuore, e lo prende il buio della paura, della preoccupazione, dell’angoscia; si fa sera sui nostri affetti, e una persona cara ci viene a mancare, un legame d’amore si spezza. “Resta con noi, Signore, perché si fa sera!”.

Sono tanti i rimedi che ci si offrono per vincere queste sere; alcuni di essi sono fallaci; promettono giorno, promettono luce, ma non mantengono ciò che promettono. Altri riescono ad addolcire, ad attutire il dolore delle nostre sere esistenziali, ma solo un po’, in una misura parziale e limitata.

Unicamente il pellegrino che si unì ai due discepoli di Emmaus e fece strada con loro è in grado di portare pace e serenità piena al cuore umano. “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?”, si dissero i due discepoli. Erano tristi, scoraggiati, sconsolati; stavano lasciando Gerusalemme che per loro era diventata la città della delusione, della disfatta (“Speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele”, e invece è finito in croce); ed ora, dopo l’incontro con Gesù, a Gerusalemme vi fanno ritorno pieni di gioia e di senso di vita, quasi di vittoria! Gerusalemme era la stessa di quella che avevano lasciato poche ore prima, ma per loro, ora, Gerusalemme era diversa, non era più la Gerusalemme  di prima. Gesù a Gerusalemme aveva vinto! era risorto!

E’ diverso affrontare le giornate senza Gesù o con Gesù; non è la stessa cosa affrontare un dolore, una morte, la propria stessa morte, senza Gesù o con Gesù. La sua presenza, la sua compagnia fa differenza. Egli è il vivo, , il vivente, colui che è sempre con noi; l’ha promesso. “Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).

Il problema, la cosa da curare, è l’essere noi con lui. Rinnoviamo la nostra fede. Non siamo soli. Non siamo privi di quella compagnia. Se essa diventerà esperienza, nessuna più sera, sera vera, scenderà sulla nostra vita.

E il nostro cuore arderà, sarà nella gioia. Sì, perché la gioia è possibile; è possibile con Gesù, anche in mezzo a mille situazioni che vorrebbero trascinarci nella tristezza. Brutta cosa è la tristezza; è una malattia dell’anima che invade la mente, il cuore e perfino le membra, togliendo alla persona ogni slancio, ogni sussulto e ogni forza di vivere. Gesù ha detto: “Vi do la gioia. Sia in voi la mia gioia, e la vostra gioia sia piena. Nessuno vo potrà togliere la vostra gioia, quella che io vi darò” (Gv 15,11; Gv 16,23).

Questa promessa è vera, queste parole sono vere. Era gioiosa Chiara Badano, la ragazza ligure morta nel 1990 a diciannove anni, e beatificata nel 2010. Affetta da tumore osseo di quarto grado, il più grave, durante la sua malattia ebbe a dire: “Mi sento avvolta in uno splendido disegno che, a poco a poco, mi si svela. Gesù è con me, e io sono lieta. Non sono senza di lui. Mi piaceva tanto andare in bicicletta e Dio mi ha tolto le gambe, ma mi ha dato le ali… Voi non potete immaginare qual è ora il mio rapporto con Gesù! Se adesso mi chiedessero se voglio camminare, direi di no, perché così sono più vicina a Gesù”.

Testimonianza straordinaria; testimonianza che la gioia c’è, che la gioia è possibile, che Gesù è capace di dare gioia anche là dove  tutto vorrebbe dare tristezza, angoscia, disperazione.

Ecco il messaggio che il Vangelo dei due discepoli di Emmaus oggi ci dà; ecco la sfida alla nostra fede che esso ci lancia: credere che Gesù è risorto, che Gesù è vivo; che Gesù non è lontano da noi; che a lui  ci possiamo continuamente appoggiare come ad un amico, ad un amico forte, valido, capace di sostenerci in ogni passo del nostro cammino, in ogni tornante della nostra vita, anche il più doloroso, il più buio e il più in salita. Abbiamo noi questa fede? Sì, ma forse essa è ancora fragile, ancora debole, ancora incerta. Abbiamo bisogno di più fede!

I due discepoli dei Emmaus sono oggi certamente in cielo. Ad essi possiamo rivolgerci in preghiera e dire loro: “O voi due, che eravate tristi, amareggiati e sconsolati, e che avete trovato in Gesù che camminava con voi la vostra gioia e un senso nuovo di vita, intercedete per noi; apriteci gli occhi perché possiamo “vedere” anche noi Gesù presente, così come lo vedeste voi; ed essere anche noi nella gioia, così che sulla nostra vita non si faccia veramente sera”.

Scegliamoli, questi due discepoli, a nostri patroni e a nostri intercessori in questa settimana.

“Resta con noi, Signore, perché si fa sera

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