Madonna del Monte Carmelo

Lectio Divina

che don Giovanni tenne al ritiro di Demamah a Norcia nel 2015 in occasione della festa della Madonna del Carmelo (16 luglio), di cui portava lo scapolare, che molti di noi hanno ricevuto dalle Sue mani

Moretto da Brescia – Madonna del Carmelo – 1522 circa

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(1Re 18,42-45;   Gv 19,25-27)

Domenica 16 luglio 2023, risalente al 16 luglio 2015 – Norcia

Introduzione

Festa, oggi, della Madonna del Monte Carmelo. Il monte Carmelo è una catena montuosa lunga 39 km. e larga 8, che si trova in Israele, nell’alta Galilea, e che nel suo versante occidentale degrada fino al Mar Mediterraneo. La cima del Monte Carmelo non è alta, raggiunge i 525 metri sul livello del mare.

Quel monte è celebre nella Bibbia, perché su quel monte si consumò la grande sfida del profeta Elia contro i profeti pagani adoratori del dio Baal (si era attorno all’860 a.C.): lì il Signore fu riconosciuto e proclamato unico vero Dio, il solo da onorare e da adorare (1Re 18,20-40).

Quel monte è tutto segnato da grotte e da caverne, nelle quali, a partire dal 500-600 d.C., si ritirarono numerosi eremiti a condurre vita di preghiera e di penitenza. Nel 1200 d.C. nacque su quel monte un Ordine monastico, un Ordine che prese il nome dal monte Carmelo, e si chiamò Ordine carmelitano. L’Ordine carmelitano, in seguito all’occupazione turca della zona, si trasferì in Europa e ivi fiorì. L’Ordine carmelitano, nella sua spiritualità, coltiva una profonda devozione alla Madonna, chiamata “Madonna del Monte Carmelo”, o “Madonna del Carmine”.

PRIMA  LETTURA  DELLA  MESSA

La prima lettura della Messa di oggi riporta un brano del 1^ libro dei Re, che dice: “Elia si recò alla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la faccia tra le proprie ginocchia. Quindi disse al suo ragazzo: ‘Vieni qui, guarda verso il mare’. Quegli andò, guardò e disse: ‘Non c’è nulla’. Elia disse: ‘Tornaci ancora per sette volte’. La settima volta riferì: ‘Ecco, una nuvoletta, come una mano d’uomo, sale dal mare’- Elia gli disse: ‘Va a dire ad Acab: Attacca i cavalli al carro e scendi perché non ti sorprenda la pioggia!’ Subito il cielo si oscurò per le nubi e per il vento; la pioggia cadde a dirotto” (1Re 18,42-45).

Erano tre anni che non pioveva in Israele; una grande siccità opprimeva la gente; i campi non davano frutti. Finalmente venne le pioggia; venne per intercessione e per la preghiera del profeta Elia. Elia, salito sul monte Carmelo, pose la faccia tra le ginocchia e supplicò ardentemente il Signore: “Signore, fa piovere; la gente ha bisogno di pioggia; ha bisogno della tua pioggia per vivere; senza la tua pioggia la gente muore!” E la pioggia venne. Elia diede ordine al ragazzo che aveva con sé di andare ad avvisare il re Acab che attaccasse i cavalli al carro e si mettesse al riparo nella città di Izreel dal temporale che stava per venire.

Il messaggio del brano, in origine, voleva mettere in luce e far risaltare la potenza di intercessione del profeta Elia. Elia era il vero profeta del Signore, in mezzo a un gran numero di profeti pagani che adoravano Baal e gli altri déi, il cui culto il re Acab aveva permesso si diffondesse in Israele. Il brano, mostrando la potenza di intercessione di Elia, la forza della sua preghiera, capace di ottenere la pioggia dopo tre anni di siccità, voleva affermare che Elia era il vero profeta di Dio, e che era lui colui che andava ascoltato e seguito per onorare il Signore.

Ma come mai, ci domandiamo, questo brano fu scelto dalla Chiesa come lettura nella festa della Madonna  del monte Carmelo? Solo perché racconta che Elia era sul Carmelo quando implorò ed ottenne la pioggia? Non solo per questo. C’è un altro motivo  che spinse la Chiesa a scegliere questa lettura per la festa di oggi. In questo brano si parla di una “nuvoletta”, piccola “come una mano di uomo”; nuvola piccola, ma tanto attesa; nuvola che annunciava pioggia, che portava pioggia, la pioggia tanto necessaria alla terra arida e secca di Israele. I mistici videro in quella “nuvoletta” un simbolo di Maria. Maria fu la mistica nuvola che accogliendo e partorendo il Figlio di Dio, il Verbo incarnato, fece piovere sulla terra la salvezza.

L’umanità era terra arida, era un deserto; era percorsa da violenze, frodi, inganni, cattiverie, venti di distruzione e di morte. Aveva bisogno di salvezza. La salvezza le poteva venire solo dal Cielo. Ma la salvezza del Cielo aveva bisogno di una “nuvoletta”. La pioggia di Dio poteva scendere e scaturire solo da una nuvola. Questa nuvola fu Maria; fu la giovane vergine di Nazareth, che mise la sua vita a disposizione di Dio. “Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me secondo la tua parola” ella disse all’angelo che le chiedeva, a nome di Dio, di accettare di diventare la madre del Messia (Lc 1, 38).

Maria, col suo “sì”, permise che la pioggia delle benedizioni di Dio scendesse sull’umanità; permise che il Benedetto scendesse in persona tra gli uomini, e diventasse benedizione per ogni uomo che a lui si fosse aperto. Senza Maria non avremmo l’Incarnazione, senza Maria non avremmo il Redentore, il Salvatore. Ora capiamo perchè papa Paolo VI abbia potuto dire: “Non si può essere cristiani senza essere mariani”. Maria è essenziale nella vicenda e nella storia cristiana. Non ci può essere vera spiritualità cristiana senza amore e devozione a Maria.

La Chiesa ha sempre, lungo i secoli, coltivato la devozione alla Madonna. Sono numerosissime le preghiere composte per lei. La più antica è il “Sub tuum presidium”, composta già nel secondo secolo d.C.; ma conosciamo, ad esempio, le antifone mariane (l’Ufficio divino termina ogni sera con un’antifona mariana); conosciamo tante preghiere e canti in onore a Maria. Davvero la Chiesa mette in pratica e dà corpo alla profezia di Maria nel Magnificat: “Tutte le generazioni mi diranno beata” (Lc 1,48). Dobbiamo essere tanto riconoscenti a Maria. Senza lei, “nuvola”, non avremmo avuto Cristo “pioggia” di salvezza; e noi saremmo ancora nel deserto dei nostri peccati; gente perduta.

Da Maria “nuvola” noi impariamo che anche noi possiamo essere “nuvole” che portano pioggia di benedizione ai fratelli. Una dimensione che l’uomo ha e di cui non siamo molto consapevoli, dimensione che spesso ci sfugge e che non abbiamo sempre sufficientemente presente, è la nostra dimensione sociale. Noi siamo legati e collegati a tutte le altre persone in modo molto stretto e profondo. Nulla di ciò che diciamo, nulla di ciò che facciamo resta confinato e chiuso in noi, ma ha un influsso, un riverbero, sugli altri. Ogni nostro contatto con gli altri li modifica, li trasforma, li cambia in bene o in male, li costruisce o li demolisce. Così come noi, a nostra volta,veniamo costruiti o demoliti dagli altri quando veniamo in contatto con loro. Esiste questa inter-relazionalità, che chiama in causa la nostra responsabilità. Noi possiamo essere “nuvole” che portano “pioggia” di benedizione ai fratelli, con la nostra bontà, con il nostro buon esempio di vita, con la nostra solidarietà, con l’amore alla verità e l’adesione al bene. Alle volte si sente qualcuno dire di una persona: “Quella persona è stata per me una benedizione”. Di qualche persona buona defunta alle volte si sente dire: “Il suo ricordo sarà in benedizione”. Possiamo dare scandalo, ma possiamo portare benedizione!

IL  VANGELO

Il brano di Vangelo della Messa di oggi è un passo del Vangelo di Giovanni. Esso ci parla esplicitamente di Maria,e  ce la mostra sul Calvario, sotto la croce di Gesù.  “Stavano sotto la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto il discepolo che egli amava, disse alla madre: ‘Donna, ecco il tuo figlio!’ poi disse al discepolo: ‘Ecco la tua madre!’ E da quel momento il discepolo la  prese nella sua casa” (Gv 19,25-27).

Maria è in un momento di estrema sofferenza. E’ sotto la croce di Gesù, suo figlio; e soffre terribilmente assieme a lui. Una spada, come le aveva profetizzato il vecchio Simeone, le trafigge il cuore (Lc 2,35). Tanti quadri di pittori che hanno raffigurato la scena di Maria sotto la croce, hanno raffigurato Maria quasi svenuta, tra le braccia della Maddalena o di un’altra pia donna presente sul Calvario. Invece Maria “stava”, dice il Vangelo; “stava in piedi” sotto la croce; viveva e portava il suo dolore con fortezza, con dignità, con nobiltà. E lo portava per noi. Lì, sotto al croce di Gesù, sul Calvario, Maria divenne nostra madre.

Giovanni, nel suo racconto insiste proprio su questo aspetto della maternità di Maria. Nel brano, di soli tre versetti, il termine “madre”  ricorre cinque volte in forma esplicita  e una volta in forma implicita. E’ il termine più ricorrente in assoluto; Maria è la madre.

Giovanni divide la scena in tre momenti. Nel primo momento Maria è detta la madre di Gesù: “stavano sotto la croce di Gesù sua madre”.  Nel secondo momento il legame di maternità tra Maria e Gesù si allenta fino quasi a scomparire: “Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava  disse alla madre”.  Maria non è quasi più la madre di Gesù; è chiamata semplicemente “la madre”, in un certo senso madre di nessuno. Poi addirittura è detta “donna”. Infine, nel terzo momento, quello conclusivo, Maria diventa la madre del discepolo: “allora Gesù disse alla madre: ‘Donna ecco il tuo figlio’; e disse al discepolo: ‘ecco la tua madre”. Assistiamo ad uno slittamento e ad uno spostamento di prospettiva: Maria da “madre di Gesù”, diventa “la madre” e poi “la madre del discepolo”. Maria viene come espropriata della sua maternità di Cristo per ricevere un’altra maternità, quella di Giovanni, e, in Giovanni, di tutti gli uomini. Un cambio dolorosissimo, per Maria l’Addolorata.

San Bernardo da Chiaravalle commenta così questo momento doloroso e glorioso di Maria: “Il vecchio Simeone te l’aveva predetto, o Vergine, ‘una spada ti  trafiggerà l’anima’. Ecco la spada; ti fu detto: ‘Donna, ecco il tuo figlio’. Quale scambio! Ti viene dato Giovanni al posto di Gesù, il servo al posto del padrone, il discepolo al posto del maestro, il figlio di Zebedeo al posto del Figlio di Dio, un semplice uomo al posto del Dio vero. Come l’ascolto di queste parole non avrebbe trapassato la tua anima tanto sensibile, quando il solo ricordo riesce  a spezzare  anche i nostri cuori, che pure sono di pietra e di ferro”.

Maria sul Calvario ci fu data come “madre”. Fu un dono tenerissimo di Gesù morente. Maria ci accolse e ci partorì come suoi figli, nel dolore e nell’amore. Non siamo orfani; non siamo senza una madre; una madre che ci segue, che ci accompagna, che si prende cura di noi, che è attenta alle nostre necessità materiali e spirituali, che ci porta a Gesù e a salvezza. San Bernardo si rivolge a lei così: “Ricordati, o piisima Vergine Maria, Ricordati, o piissima Vergine Maria, che non si è mai udito al mondo che alcuno sia ricorso alla tua protezione, abbia implorato il tuo aiuto, abbia chiesto il tuo soccorso, e sia stato abbandonato. Animato da tale fiducia, a te ricorro, o Madre Vergine delle vergini; a te vengo, dinnanzi a te mi prostro, peccatore pentito. Non volere, o Madre del Verbo, disprezzare le mie preghiere, ma ascoltami benevola ed esaudiscimi”.

Maria nostra madre ci accoglie sempre; è sempre tesa per difenderci da ogni pericolo, per aiutarci a camminare, per fare sì che non periamo nelle tempeste della vita. Desidero farvi conoscere anche questa preghiera di san Bernardo, che a me piace tanto: “O chiunque tu sia, che nel mare di questo mondo ti senti piuttosto sballottare tra procelle e tempeste che camminare sulla terra, non distogliere gli occhi dal fulgore di questa stella, se non vuoi essere sommerso dai flutti. Se insorgono i venti delle tentazioni, se urti negli scogli delle tribolazioni, guarda alla stella, invoca Maria. Se, turbato dal pensiero della gravità delle tue colpe, confuso dal deplorevole stato della tau coscienza, atterrito dalla severità del giudizio, tu stai per farti dominare dalla tristezza e cadere nell’abisso della disperazione, pensa a Maria. Nei pericoli, nelle angustie, nei dubbi, pensa a Maria. Seguendo lei, non devierai; invocandola, non ti dispererai; pensando a lei, non cadrai. Se l’avrai come protettrice, non avrai di che temere; sotto la sua guida ti sarà lieve ogni fatica; ed avendola propizia, perverrai fedelmente alla patria beata”.

Maria è nostra madre; noi dobbiamo vivere da suoi figli. Il Vangelo dice che Giovanni, udite le parole di Gesù: “Ecco la tua madre”, “la prese nella sua casa”. Il greco dice: “ ‘élaben autèn eis tà ’ìdia” , “la accolse tra le sue cose proprie, tra i suoi beni”. Maria diventò “un bene” per Giovanni, diventò “un tesoro”. Maria deve diventare “un tesoro” anche per noi, una cosa preziosa: una madre da amare, da pregare, da cercare di imitare. Che bello se anche di noi, in rapporto a Maria, diventasse vero il detto: “qualis mater, talis filius”, quale la madre, tale il figlio; figli che assomigliano alla loro madre in virtù, in bontà, in carità, in misericordia, in umiltà, in obbedienza ai disegni di Dio! Figli veri di Maria!

L’Ordine carmelitano, che onora Maria sotto il titolo di Maria del monte Carmelo, vuole diffondere le devozione a Maria anche mediante un segno particolare: lo scapolare della Madonna del Carmine. Lo scapolare è fatto di due piccoli pezzi di stoffa marrone, collegati tra loro da due fettucce che fanno pendere i due pezzi di stoffa dalle scapole, dalle spalle, uno davanti sul petto, e l’altro dietro sul dorso. E’ un segno di consacrazione e di appartenenza a Maria. Va unito alla preghiera quotidiana alla Madonna. La Madonna, apparendo a san Simone Stock, frate carmelitano, nel 1250, e a papa Giovanni XXII nei primi anni del 1300, promise che chi porta lo scapolare e la prega ogni giorno, viene portato in Cielo da lei il primo sabato dopo la morte. U bel dono!

Numerosi papi hanno portato lo scapolare: ricordiamo Alessandro VII, Leone XI, Clemente XI, Pio IX, Leone XIII, san Pio X, Benedetto XV; tra i più recenti papa Pio XII, Giovanni XXIII. Giovanni Paolo II. Papa Leone XI, che fu papa nel 1605, nel mentre che, appena eletto papa, stava togliendosi la veste cardinalizia per indossare la veste papale, fermò il prelato che lo aiutava e che voleva togliergli dal collo lo scapolare carmelitano dicendo che la veste papale era superiore a qualsiasi altro abito. Il papa glielo impedì dicendogli: “Lasciatemi Maria, perché Maria non lasci me”. Papa Pio XII , che fu papa del 1939 al 1958, disse: “Fin da piccolo fui ascritto alla Confraternita del Carmine e porto sempre lo scapolare sul petto in maniera che non ricordo di non essere rimasto privo neppure un momento di questo abito mariano, perché ne ho sempre qualcuno di riserva e non cambio lo scapolare usato prima di aver indossato quello nuovo”. Papa Giovanni Paolo II, quando dopo  l’attentato fu portato in sala operatoria all’ospedale “Gemelli” per essere operato, indossava solo una maglietta e aveva sulla pelle lo scapolare della Madonna del Carmine. Il giorno dopo, a ventiquattro ore dall’intervento, era già stato messo a sedere su di una poltrona, e dalla vestaglia fuoriusciva lo scapolare della Madonna del Carmine.

CONCLUSIONE

Concludendo, prendiamo occasione dalla festa di oggi per crescere nell’amore e nella devozione a Maria; per sentirla nostra madre, per pregarla e per desiderare di vivere da suoi figli.

don Giovanni Unterberger

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