16^ domenica del Tempo ordinario – forma ordinaria

Paolo Farinati – Moltiplicazione dei pani e dei pesci – 1603

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(Ger 23,1-6;   Ef 2,13-18;   Mc 6,30-34)

sabato 20 luglio 2024, risalente al 18 luglio 2015

L’aspetto bello di Gesù messo in risalto dal brano di Vangelo che abbiamo ascoltato è la sua sensibilità, la sensibilità del suo cuore che lo faceva attento alle persone.

Gesù aveva inviato i suoi apostoli in missione (l’abbiamo sentito nel Vangelo di domenica scorsa), ed ora gli apostoli sono tornati, stanchi e pieni di cose da raccontare a Gesù. Hanno sperimentato cose nuove; hanno trovato difficoltà; hanno incontrato cuori aperti che li hanno accolti e che hanno accolto il Vangelo; sentono il bisogno di raccontare tutto a Gesù e di condividere tutto col Maestro.

E Gesù li ascolta. Dice loro: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’”. La sensibilità dell’animo di Gesù coglie tutto il bisogno che gli apostoli hanno di parlargli, e tutto il loro bisogno di riposare, di fermarsi, di tirare il fiato. “Venite in diparte e riposatevi un po’”. Gesù è attento ai suoi apostoli, ai suoi dodici amici, e dedica loro tempo. Possiamo immaginare con quale attenzione, interesse e partecipazione Gesù li avrà ascoltati, avrà ascoltato loro che, come ci dice il Vangelo di Luca, gli dicevano stupiti: “Perfino i demoni si sono sottomessi a noi nel tuo nome” (Lc 11,17).

Gesù sta con i dodici, si prende tempo per stare con loro. Egli aveva tutta la Palestina, tutto il mondo da evangelizzare, ma sta con i dodici. Anche solo dodici persone sono degne della sua attenzione e della sua cura. Anzi, anche una sola persona è degna, per lui, della sua attenzione e della sua cura. Ricordiamo la parabola della pecorella smarrita e il pastore di quella parabola, che si mette in movimento per una sola pecorella che ha bisogno di lui, lasciando incustodite le altre novantanove (Lc 15,4).

Ma Gesù è attento a tutti. Appena sbarcato sul luogo deserto ove egli intendeva intrattenersi con i suoi apostoli, vi trova lì radunata una grande folla di gente ad attenderlo. La gente, che lo aveva visto partire in barca con gli apostoli, aveva intuito ove egli sarebbe sbarcato, e lo aveva preceduto a piedi.

Gesù, di fronte a quella folla, non prova moti di stizza e di insofferenza; non si sente come un manager rigido osservatore del proprio orario di lavoro e geloso custode dei propri programmi, ma prova, come primo e immediato sentimento, un sentimento di compassione. Dice il Vangelo: “Ebbe compassione per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose”.

Gesù “prova compassione”. Il verbo greco che Marco usa per dire “provò compassione” è il verbo che indica ciò che prova una mamma nel suo cuore e nella sua carne qualora vedesse un suo figlio nella necessità e nel bisogno. Gesù dimentica se stesso e i suoi programmi e si prende cura di quella gente L’evangelista Matteo è più forte di Marco nel descrivere la situazione di quelle persone; dice: “Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore” (Mt 9,36).

Gesù coglie, con animo sensibile e attento, il bisogno di quella gente stanca e sfinita. Quella gente dal punto di vista religioso era soggetta ad una religiosità legalista fatta di precetti e di prescrizioni, un pesante giogo imposto sulle loro spalle dagli scribi e dai farisei; dal punto di vista politico era sottomessa al potere e al dominio dei Romani; dal punto di vista sociale era povera e gravata di tasse. Era proprio povera gente, un gregge senza buoni pastori che si prendessero cura di lui. Gesù si sente commuovere, e si mette “ad insegnare molte cose”: avrà parlato a quella gente di Dio, dell’amore di Dio, di Dio che voleva loro bene, di Dio che aveva cura di loro. E poi, vedendo che quella gente era anche affamata e non aveva di che mangiare, moltiplica per loro i pani e i pesci, come il Vangelo di Marco racconta subito dopo (Mc 6,35-44).

Un animo sensibile e attento è quanto di più bello e di più necessario ci possa essere. Rapporti buoni e soddisfacenti possono esistere ed intrecciarsi solo là dove ci sono animi sensibili e attenti. Nemici dei rapporti sono la durezza di cuore; la fretta; la concentrazione su se stessi e sui propri problemi; il non avere tempo per i fratelli; il non sapere o il non volere ascoltare; la superbia che ci fa credere superiori e sempre nella ragione.

Il mondo, la società, la famiglia, ogni comunità ha bisogno di animi simili all’animo di Gesù; animi che sanno aprirsi, che sanno farsi attenti, capaci di decentramento da sé; capaci di accoglienza e di ospitalità nel proprio cuore di ogni bisogno e necessità dei fratelli. Il Signore Gesù ci dia un animo così; ci dia il suo stesso animo.

don Giovanni Unterberger

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