33° Domenica del Tempo ordinario

(Prov 31,10-13. 19-20. 30-31;  1Tess 5,1-6;   Mt 25,14-30)

Duomo, sabato 15 novembre 2014

Quante volte abbiamo sentito questa parabola! La conosciamo a memoria, se non proprio nelle parole esatte, certamente nella sostanza. Eppure ci fa sempre bene sentirla e risentirla, perché ci fanno bene le cose che ci dice.

Ci dice che tutti abbiamo dei doni; che Dio ci domanda di metterli a frutto con buona volontà e senza pigrizie; che Dio è generoso, e ce li raddoppia, quale premio al nostro impegno; che ciascuno è richiesto di dare in proporzione a quanto ha ricevuto, e non di più; che alla fine dobbiamo renderne conto.

Ci sono persone che hanno poca stima di sé, si sentono cosa da niente; pensano di non valere nulla e di non avere nulla da dare a nessuno. Nel confronto con gli altri si sentono sempre perdenti, inferiori a tutti. Ci sono, dall’altro canto, persone che si sentono molto dotate (e in effetti anche lo sono), e che per le loro doti e capacità si sentono superiori al prossimo, compiaciute di come sono fatte, con una venatura di fine superbia in fondo al cuore.

La parabola dei talenti è cura e rimedio sia del complesso di inferiorità che del complesso di superiorità. A chi si sente un nulla dice: “Tu vali, tu hai dei doni”; e a chi si sente superiore agli altri dice: “Ciò che tu hai non te lo sei dato tu, lo hai ricevuto; e quindi non è il caso che te ne vanti”.

Tutti abbiamo dei doni; Dio non lascia nessuno senza doni, senza doti, senza qualche virtù, senza qualche abilità. E i doni di ciascuno sono utili, sono per il bene e per la crescita propria e altrui.

Due possono essere i pericoli nel trafficare i talenti ricevuti: la pigrizia e l’egoismo. La pigrizia è il vizio che ci fa vivere a metà; che ci impedisce di impegnarci; che ci fa vivere stancamente, fiaccamente, nel grigiore. Quanto sarebbe triste una giornata se alla fine di essa dovessimo dire: oggi non ho combinato nulla, ho perso tempo, è una giornata da dimenticare!…   La Sacra Scrittura parla del pigro così: “Fino a quando, o pigro, te ne starai a dormire? quando ti scuoterai dal sonno? Un po’ dormire, un po’ sonnecchiare, un po’ incrociare le braccia per riposare. Va’ dalla formica, guarda le sue abitudini e diventa saggio. Essa non ha né capo, né sorvegliante, né padrone, eppure d’estate si procura il vitto, al tempo della mietitura accumula il cibo” (Prov 6,6-10).

La vita è virtuosa, ricca,vissuta bene, se è vissuta con impegno, senza stanchezze e senza pigrizie.

L’altro pericolo nel trafficare i talenti  è l’egoismo, il metterli a frutto e servirsene unicamente per il proprio interesse, per il proprio tornaconto. Quante volte le doti di mente, di intuizione, di abilità negli affari, di cultura vengono utilizzate solo per se stessi, per la propria riuscita e affermazione; addirittura alle volte contro il bene delle altre persone! Mentre invece i talenti Dio ce li ha dati perché li mettiamo al servizio gli uni degli altri; perché ce li scambiamo; perché fra tutti provvediamo alle necessità di tutti.

Non dobbiamo dimenticare poi, parlando di talenti, i talenti soprannaturali. Talento soprannaturale, preziosissimo, è, ad esempio, la filiazione divina. Noi siamo figli di Dio, partecipiamo e possediamo in noi la vita divina. Non è forse questo un talento, un tesoro inestimabile? Siamo “divini”. Che conto facciamo di questo talento? lo sviluppiamo? ne abbiamo cura? coltiviamo in noi la vita divina?

Talento sopranaturale è la possibilità che abbiamo di procurarci una eternità beata ricca e oltremodo gloriosa. Non è questo un dono e un’opportunità straordinaria? Che conto facciamo di questo talento? Spediamo verso il cielo, verso l’eternità, ogni giorno un cumulo di opere buone?

Gesù, con la parabola dei talenti, ci invita e ci stimola a non assomigliare al servo che seppellì il talento sotto terra. Meriteremmo il castigo. Ci invita e ci stimola a mettere a frutto tutti doni che abbiamo, grati al Signore che ce li ha dati; così da arrivare noi alla piena statura pensata per noi da Dio, e così da rendere più bello il mondo.

don Giovanni Unterberger

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