29° Domenica del Tempo ordinario (forma ordinaria)

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(Es 17,8-13;   2Tim 3,14-4,2;   Lc 18,1-8)

Duomo di Belluno, 16 ottobre 2016

Penso che tutti noi ci siamo sentiti dire qualche volta nella vita da qualcuno: “è importante pregare; è utile pregare; fa bene pregare”. Il Vangelo che abbiamo ora ascoltato ci ha detto una cosa in più, una cosa non da poco in più; ci ha detto: “è necessario pregare”. Pregare non è soltanto utile, non è soltanto importante; è necessario. “Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”.

Perché pregare è necessario? Lo capisce l’umile. L’umile ha piena coscienza di sé; si percepisce nella verità vera di se stesso; sa di essere, di suo, inconsistenza, fragilità e debolezza; e sente necessario il pregare.

Pregare è necessario anzitutto nei confronti di Dio. Chi è Dio? e chi siamo noi? Dio è la radice dell’uomo; l’uomo esiste e riceve momento per momento la vita, l’esistenza da Dio. L’uomo, noi, se in questo momento Dio non ci mantenesse nell’essere, cadremmo nel nulla. Non soltanto moriremmo, ma cadremmo nel nulla.  E’ Dio che ci fa esistere momento per momento, istante per istante; lui, nostra radice. “Io sono Tu che mi fai”, dice don Giussani. Per cui pregare è necessario; è necessario perché col pregare io riconosco da chi derivo, da chi dipendo, da chi mi ricevo; chi è il mio principio. E ciò mi è necessario per comprendermi e per capire chi io veramente sia: creatura e non Creatore, uomo e non Dio. Ciò è necessario perché Dio sia da me riconosciuto per quello che egli veramente è: non un ‘optional’ nella mia vita, un qualcosa o un qualcuno di cui potrei fare anche a meno; ma la realtà, l’Essere più decisivo, più necessario, più determinante per me, per il mio esistere, per il mio destino. Occorre che io preghi.

Un secondo motivo che ci rende necessario il pregare è la nostra debolezza e povertà. La vedova della parabola che Gesù ha raccontato nel Vangelo non aveva la forza e la capacità di far valere i propri diritti di fronte a chi glieli negava, per cui si mise a pregare un avvocato. Lo pregò con insistenza ed ottenne di essere aiutata. L’esercito di Israele, attaccato e aggredito dall’esercito degli Amaleciti, non era in grado di resistere al nemico, ma grazie alla preghiera di Mosè riuscì vincitore, ci ha detto la prima Lettura.

La preghiera fa vincere; fa vincere chi senza preghiera, cioè senza l’aiuto di Dio, non riuscirebbe a vincere. Di battaglie ne abbiamo molte da combattere: battaglie contro i nostri istinti e contro le nostre passioni; battaglie contro i disturbi e le fatiche quotidiane; battaglie per conservare la pace e la concordia in famiglia, tra parenti; battaglie per non lasciarci vincere dalla tristezza, dalla malinconia, dalla sfiducia, dalle preoccupazioni, dalle paure. Occorre pregare: pregare è necessario. Dice don Giussani: “La preghiera sia l’avamposto della nostra umanità in battaglia”. L’avamposto della nostra umanità in battaglia… Gettiamo preghiera avanti alle nostre battaglie, per vincerle. “La preghiera non è tutto -dice san Tommaso Moro- ma tutto deve cominciare dalla preghiera, perché l’intelligenza umana è troppo corta e la volontà dell’uomo è troppo debole; perché l’uomo che agisce senza Dio non dà mai il meglio di sé”.

 “Dio non nega ad alcuno la grazia della preghiera, se gliela chiediamo -dice sant’Alfonso Maria de’ Liguori- preghiera con la quale si ottiene l’aiuto a vincere ogni concupiscenza e ogni tentazione. E dico, e replico e replicherò sempre, sino a che avrò vita -continua il santo- che tutta la nostra salvezza sta nel pregare. Chi prega si salva”.

Ci dia il Signore, come dono di questa Liturgia, un grande desiderio di pregare; una grande perseveranza nella preghiera. Perché pregare ci è necessario.

don Giovanni Unterberger

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