1a domenica di Avvento (forma ordinaria)

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Is 2,1-5;   Rm 13,11-14a:   Mt 24, 37-44

Duomo di Belluno, sabato 26 novembre 2016

Può sembrare strano che la Liturgia, all’inizio dell’Avvento che è il tempo di preparazione alla prima venuta di Gesù, la sua nascita a Betlemme, ci proponga come Vangelo un brano che parla della seconda venuta di Gesù, quella che sarà alla fine dei tempi. Perché mai questo anacronismo? Non ci sarebbe un passo del Vangelo più prossimo e più appropriato alla venuta di Gesù nel Natale? La Chiesa, con questo Vangelo, ci vuole educare ad un atteggiamento interiore, l’atteggiamento della vigilanza, che è tanto importante per prepararsi al Natale; atteggiamento decisivo per un buon Natale.

L’invito alla vigilanza è il cuore del brano di Vangelo che ci è stato proclamato: la venuta del Figlio dell’uomo verrà improvvisa, occorre vigilare; il ladro viene di notte, occorre vigilare; la gente al tempo di Noè non vigilò, e fu sorpresa dal diluvio. Proprio da questo richiamo alla gente del tempo del diluvio che Gesù fa, noi comprendiamo il senso vero della vigilanza. Quando si è vigili? Come si fa a vigilare?

Vigile è colui che coglie la verità vera, la verità tutta intera. Vigile è colui che vede ciò che chi non è vigile non vede. La gente al tempo di Noè mangiava e beveva, prendeva moglie e marito, viveva la normalità della vita: cosa buona, perché mangiare e bere è necessario per vivere; prendere moglie e marito è necessario per la continuazione della specie. Mangiare e bere, sposarsi, sono realtà volute da Dio stesso. Ma quella gente non fu vigile. Non fu vigile perché non percepì ciò che stava per accadere.

La vigilanza può essere paragonata ad un’antenna. L’antenna di una radio, di una televisione, coglie e capta le onde elettromagnetiche che si propagano nello spazio, e permette che vengano trasformate in immagini e suoni. Noi siamo in una stanza; in quella stanza sono presenti tali onde; ma noi non vediamo nulla, non udiamo nulla. Drizziamo un’antenna, e cominciamo a vedere immagini e a udire suoni.

Noi viviamo la vita, siamo immersi nella realtà di questo mondo, percepiamo le cose di quaggiù; ma le cose di quaggiù non sono tutto, non sono tutta la realtà. C’è il mondo di Dio; c’è il mondo dello spirito; c’è il mondo degli angeli; c’è il mondo della presenza di Dio dentro la storia e le vicende umane; c’è il mondo della sua azione, pur sommessa e silenziosa, ma vera e reale nel cuore degli uomini; c’è Dio dentro questo mondo. Solo chi è vigile percepisce queste realtà; solo chi ha drizzato l’antenna di un’alta sensibilità spirituale coglie queste cse che sono divine.

La gente al tempo di Noè non aveva drizzato l’antenna. E noi? Abbiamo ben alta e sensibile l’antenna che coglie le cose di Dio? o restiamo molto, troppo, prigionieri del mondo solo materiale, catturati e del tutto presi da ciò che si vede, si ode e si tocca con i sensi del corpo?

Oggi iniziamo l’Avvento; ci prepariamo al Natale. Il Natale è realtà divina. La realtà profonda del Natale è percepibile a livello di spirito. La percepisce, la vive, e ne riceve la grazia e i doni chi ha coltivato e sviluppato in sé la capacità di intercettare le onde dello Spirito, le onde del Cristo che viene. Occorre che diventiamo più contemplativi.

Ecco allora l’invito che la Chiesa fa ai suoi fedeli: una preghiera più abbondante, più fervorosa, più intensa in questo tempo d’Avvento, per diventare vigili e vigilanti, per diventare capaci di cogliere il Natale per quello che esso è: Dio che si fa uomo, con tutto ciò che ciò significa e comporta. E la madre di Gesù, Maria, donna di preghiera e di contemplazione, ci aiuti, ci sintonizzi alle cose del cielo.

don Giovanni Unterberger

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