4a Domenica di Quaresima (forma ordinaria)

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 1Sam 1b. 4. 6-7. 10-13;   Ef 5,8-14;   Gv 9,1-41

Duomo di Belluno, sabato 25 marzo 2017

Domenica scorsa, nel Vangelo, Gesù ci ha parlato di un’acqua viva che egli possiede e può darci; oggi, con la guarigione del cieco, egli ci parla di una luce che ci può rendere capaci di vedere.

Noi vediamo bene le cose? le vediamo fino in fondo? le vediamo per quello che esse veramente sono? Ad esempio, come vediamo noi stessi? Ci cogliamo figli di Dio, membra di Cristo, amati fino alla follia, preziosi agli occhi del Signore? O ci valutiamo solo in base all’età, alle doti che abbiamo, ai limiti che ci segnano, alle cose che nella vita abbiamo realizzato o non abbiamo realizzato? Com’è lo sguardo su di noi? Si ferma alla scorza di noi, o arriva a scendere in profondità?

E com’è lo sguardo sulle persone? Di esse vediamo solo se sono uomini o donne, se sono giovani o vecchie, se sono simpatiche o antipatiche, se sono colte o non colte, se ci sono utili o non utili, o riusciamo a scendere nella loro profondità vera, là ove esse sono presenza di Dio, là ove sono membra di noi stessi, come dice san Paolo (Rm 12,5); là ove sono persone che valgono il sangue di Cristo, per le quali Cristo ha dato la vita?

E gli avvenimenti, i fatti, come li vediamo? Come vediamo un successo, un insuccesso, un affare andato a segno, un torto subìto, un’incomprensione, una malattia; la morte stessa? Forse dobbiamo riconoscere di essere un po’ ciechi, di non vederci proprio proprio bene.

Tra i doni dello Spirito Santo c’è il dono dell’intelletto. Il dono dell’intelletto, parola presa dal latino ‘intus lègere’ = leggere dentro, è il dono che rende capaci di leggere dentro in profondità le cose, la realtà, gli avvenimenti, tutto ciò che accade. E’ un dono tanto importante il dono dell’intelletto, perché il non vedere bene le cose, il non coglierle per quello che sono, non può che farci stare male.

Al cieco del Vangelo Gesù disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Siloe”, che significa ‘inviato’. La piscina di Siloe era una delle due piscine di Gerusalemme; l’altra era la piscina di Betesda. Giovanni evangelista non si lascia sfuggire il significato del nome ‘Siloe’. Siloe -nota Giovanni- significa ‘inviato’. A Giovanni serve molto ricordare il significato di questo nome, perché, abituato com’è a cogliere il valore simbolico della realtà, con questo nome egli ci vuole dire una cosa importante.

Gesù inviò il cieco a bagnarsi gli occhi nella piscina di Siloe, e l’acqua di Siloe diede al cieco la vista del corpo; ma Siloe significa ‘inviato’, dice Giovanni. Ora, l’Inviato del Padre è Gesù; e Gesù, dunque, è la vera Siloe, la Siloe capace di dare la vista dello spirito, la vista soprannaturale. Infatti sarà nel colloquio successivo con Gesù che il cieco, riavuta la vista del corpo, riceverà anche la vista dello spirito. Gesù, ri-incontrato il cieco, gli disse: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. Ed egli disse: “Credo, Signore!” e si prostrò dinanzi a lui”. Il cieco ci vide, quel giorno, in modo completo; gli si aprirono gli occhi in pienezza, quelli del corpo e quelli dello spirito; egli se li bagnò in tutte e due le Siloe, nella Siloe dell’acqua e nella Siloe dell’Inviato del Padre.

La Siloe – Gesù è ‘piscina’ accanto a noi. Accanto a noi vive l’Inviato del Padre; in lui noi possiamo bagnare i nostri occhi per ricevere vista e sguardo che vede le cose alla luce della sua verità. E’ diverso il guardare le cose con occhi umani o con occhi di fede, con gli occhi con cui Dio  guarda e vede.

Ci si bagna gli occhi nell’Inviato del Padre immergendoci nelle Sacre Scritture, leggendo e meditando la Parola di Dio. E’ nella Parola di Dio che noi troviamo il modo con cui Dio vede le cose, le persone, gli avvenimenti, la vita, la morte; tutto. E’ meditando la Parola di Dio che noi cominciamo a ‘vedere’; a vedere nel modo vero e giusto; a vedere nella luce che dirada le tenebre.

don Giovanni Unterberger

 

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