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(Dt 8, 2-3.14b-16a; 1Cor 10,16-17; Gv 6,51-58)
Duomo di Belluno e chiesa di s. Pietro, 18 giugno 2017
Quale tesoro pensiamo sia il tesoro più grande che l’umanità possiede sulla terra? Il pio israelita nel libro del Deuteronomio esclama: “Quale grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi?” (Dt 4,7). Il pio israelita sentiva il Signore vicino a sé, vicino al suo popolo, per la legge di Mosè, per la legge che Dio aveva loro donato al Sinai, manifestando la sua volontà. Noi abbiamo Dio ben più vicino a noi dell’antico israelita; abbiamo Dio in persona vicino a noi; abbiamo lui presente nell’Eucaristia. Nell’Eucaristia è presente il Signore. Ci può essere tesoro più grande di questo? Quanto ha bisogno di ridestarsi la nostra fede, il nostro credere!
San Francesco d’Assisi -scrive il beato Tommaso da Celano, suo primo biografo- ardeva d’amore in tutte le fibre del suo essere verso il Sacramento del Corpo del Signore, preso da stupore oltre misura per la grande degnazione e generosissima carità del Signore Gesù, consegnatosi a noi nelle apparenze del pane e del vino. San Francesco si preparava alla santa Comunione con una premura attentissima -continua il Celano-; non solo la sua vita santa, ricca di eroismi quotidiani, ma anche la Confessione sacramentale doveva preparare ogni volta la sua anima a ricevere Gesù Eucaristico con il massimo candore di grazia. A quei tempi non più di tre volte alla settimana poteva comunicarsi, e san Francesco tre volte alla settimana si confessava, per offrire a Gesù Eucaristia una dimora piena di candore e di profumo.
Nota ancora Tommaso da Celano: San Francesco nel fare la Comunione era tale da rendere devoti gli altri. E voleva che si dimostrasse grande rispetto alle mani del sacerdote, perché ad esse è stato conferito il divino potere di consacrare questo Sacramento. Diceva spesso: “Se mi capitasse di incontrare insieme un Santo che viene dal cielo e un sacerdote poverello, saluterei prima il sacerdote e correrei a baciargli le mani. E direi: “Oh! Aspetta, san Lorenzo, perché le mani di costui toccano il Verbo di vita e possiedono un potere sovrumano”.
La sua fede e il suo amore all’Eucaristia si estendevano anche alla casa del Signore. Personalmente si occupava della pulizia delle chiese, dei calici e dei vasi sacri, delle tovaglie, dei fiori e delle lampade. Andando a predicare per città e villaggi portava talvolta con sé una scopa per pulire le chiese polverose. Una volta volle mandare alcuni frati per tutte le province a portare pissidi belle e splendenti -lui, amante della povertà- affinché ovunque trovassero il Corpo del Signore conservato in modo sconveniente, lo collocassero con onore in quelle pissidi.
Tra i figli del suo Ordine ci furono figure mirabili di devozione all’Eucaristia, come sant’Antonio di Padova e san Bonaventura, che hanno scritto pagine di sublime dottrina e di ardente amore in onore del Corpo e del Sangue del Signore; come san Giuseppe da Copertino, che si levava in volo estatico verso gli ostensori e verso i tabernacoli.
L’Eucaristia è il Signore presente; è il tesoro più grande che possediamo. Ed è il tesoro che ci offre il dono più grande: la carità. La carità è la virtù regina, ed è il dono tipico, proprio dell’Eucaristia. Ogni Sacramento ha un dono suo proprio: il Battesimo ci fa figli di Dio; la Confermazione ci dà una particolare effusione di Spirito Santo; la Confessione ci rimette i peccati; l’Unzione degli infermi ci fa forti nella malattia; l’Ordine Sacro assimila la persona a Cristo sommo ed eterno Sacerdote; il Matrimonio rende l’alleanza degli sposi segno vivo dell’alleanza di Cristo con la Chiesa; l’Eucaristia ci dona un aumento di carità. Ci dona un aumento di carità perché l’Eucaristia, la Messa, è il gesto della grande carità di Cristo morto in croce per noi. L’Eucaristia è il Corpo di Cristo spezzato e il Sangue di Cristo versato: è l’amore nel suo limite massimo.
E noi con la Santa Comunione introduciamo dentro di noi quell’Amore, il dono di sé che Cristo ha fatto per noi sulla croce; introduciamo in noi l’amore di cui abbiamo estremo bisogno, perché ancora non sappiamo amare; ancora amiamo poco; ancora non amiamo tutti; non amiamo sempre; non amiamo del tutto gratuitamente. Il mondo ha bisogno di gente di pensiero, di gente di azione, di gente che fa, che costruisce, che scopre sempre cose nuove, ma ha bisogno soprattutto di amore. Ha bisogno di amore! E chi ci insegnerà ad amare? Chi ci darà di amare? Ce lo può dare l’Eucaristia, che è l’amore di Dio, l’amore di Cristo.
Quale grande devozione dobbiamo avere per l’Eucaristia! Quale grande rispetto! E con quanta fede e con quanto senso di bisogno dobbiamo accostarci ad essa! Il beato Contardo Ferrini diceva: “Eccomi davanti a te, Signore. Eccomi inginocchiato davanti al tuo altare. Io sono polvere e cenere, io sono colpa e peccato. Come potrò parlare a te, accostarmi alla tua mensa, ricevere la tua divina Maestà in me? Tu richiedi un cuore puro, umile: io ti porto un cuore superficiale, pieno di peccati, freddo… Ma se tu non vieni in me, che cosa sarà di me? Vieni, Signore Gesù, non guardare i miei peccati: perdonami, e fammi nuovo, Tu”.
Vieni, Signore Gesù, e insegnami ad amare; metti nel mio cuore, nella mia vita, nei miei rapporti con le persone il tuo amore.
don Giovanni Unterberger
*fotografia di Daniel Miot www.guardacon.me