21° Domenica del Tempo ordinario 2017 (forma ordinaria)

(Is 22,19-23;   Rm 11,33-36;   Mt 16, 13-20)

Duomo di Belluno, sabato 26 agosto 2017

Nell’antico ebraismo (così è nella Bibbia) il nome non era un semplice suono, ma indicava qualcosa della persona; esprimeva un aspetto, una qualità, una caratteristica della persona stessa. Il primo uomo, ad esempio, fu chiamato ‘Adamo’ perché, secondo il racconto biblico, fu tratto dalla  ‘‘adamàh’, la polvere del suolo (cfr Gn 2,7); Isacco fu chiamato ‘Isacco’ perché Abramo e Sara, ormai vecchi e fuori età per generare, risero, ‘jschàq’, all’annuncio che avrebbero avuto un figlio (cfr Gn 18,12); Samuele fu  chiamato ‘Samuele’ perché ‘shamàh el’, ‘Dio mi ha ascoltato’, disse sua madre Anna che l’aveva a lungo chiesto al Signore (cfr 1Sam 1,20). Anche il nome ‘Gesù’ dice qualcosa di lui. “Lo chiamerai ‘Gesù’, ‘Jeshuà‘’ -disse l’angelo a Giuseppe-  perché egli ‘jashà‘’, salverà, il popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21).

Nel Vangelo di oggi assistiamo a uno scambio di nomi. Gesù domanda agli apostoli: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Ed ecco uscire una serie di nomi: Giovanni Battista, Elia, Geremia; nomi illustri, nomi grandi, ma nomi che non dicevano di Gesù quasi nulla, lo facevano un semplice uomo, uno dei tanti profeti vissuti; non dicevano la sua vera essenza, la verità piena di lui. Gesù era di più, molto di più!

E, di fatti, Pietro alla domanda incalzante di Gesù: “Ma voi, chi dite che io sia?”, risponde dando a Gesù  il suo vero nome: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Il nome ‘Cristo’, dalla parola greca ‘chrìo’, che significa ‘ungere’, vuol dire ‘Unto’, ed è il corrispondente dell’ebraico ‘meshiàch’, ‘unto’, da cui la parola ‘Messia’. Pietro, dicendo: “Tu sei il Cristo”, definisce Gesù ‘l’Unto di Dio’, il ‘Messia’, il Messia atteso da secoli, colui che, inviato dall’alto, avrebbe portato la salvezza all’umanità. Non quindi un semplice profeta, alla stregua di Elia, di Geremia, di Giovanni il Battista, ma il ‘Messia’, il salvatore del mondo. E dicendo: “Tu sei il Figlio del Dio vivente”, Pietro riconosce in Gesù un legame di Gesù con Dio unico e assoluto, quale nessun altro uomo potrebbe avere all’infuori di lui.

Pietro riconosce Cristo, e lo riconosce grazie a un dono che gli viene dal Cielo. Gesù gli dice: “Beato sei tu, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue (cioè le tue capacità) te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”. E’ solo nella fede che si può riconoscere chi Gesù veramente sia. Lo si può riconoscere per un dono dall’alto.

E Gesù, riconosciuto nel suo vero ‘nome’, cioè nella sua vera realtà, dà un nome nuovo a Pietro. Da ‘Simone, figlio di Giona’, lo chiama ‘Pietro’, ‘pietra’, ‘kèfas’ in aramaico (cfr 1Cor 15,5), che significa ‘roccia, rupe’. Pietro viene reso pietra di fondamento della Chiesa: “Sulla pietra che sei tu, Pietro, io edificherò la mia Chiesa”, gli dice Gesù. Cambiando il nome a Pietro, Gesù cambia Pietro stesso; da ora egli non sarà più ‘Simone’, il semplice pescatore del lago di Genezareth, ma sarà ‘la roccia’ su cui si costruisce la Chiesa.

Ogni volta che l’uomo riconosce Gesù per quello che egli è, il Messia, il Salvatore, il Redentore, il Giudice, il Figlio di Dio, e con lui instaura un rapporto di amicizia, di amore, di fedeltà, di condivisione della vita, l’uomo viene cambiato da Gesù, viene trasformato, viene reso qualcosa di nuovo, di grande, di bello, di utile al mondo e alla storia. Dentro questo rapporto l’uomo cresce, diventa ‘divino’. Cristo fa dell’uomo un figlio di Dio, il tempio e la dimora dello Spirito Santo, un costruttore del Regno, un erede del Cielo. Da Cristo l’uomo riceve un ‘nome nuovo’; lo riceve nella misura in cui l’uomo riconosce Cristo, lo lascia entrare nella propria vita, legando a lui la propria esistenza.

don Giovanni Unterberger

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