Domenica di Pasqua

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 (At 10,34a. 37-43;     Col 3,1-4;     Gv 20,1-9)

1 aprile 2018

 

E se non fosse risorto? Se Cristo fosse rimasto morto? Come sarebbe il mondo? come sarebbe la storia degli uomini? Ma Cristo è risorto! Più volte egli, quand’era ancora in Galilea, aveva predetto: “Il terzo giorno risusciterò” (cfr Mc 8,31); e davvero egli è risuscitato! La tomba, il giorno dopo il sabato, quello che sarebbe diventato il giorno di Pasqua, fu trovata vuota. Lì Gesù non c’era più. Unica tomba della storia a restituire vivo colui che vi era stato deposto morto. Cristo è risorto, il Padre lo ha risuscitato.

Risorgendo, Cristo ha vinto il peccato, ha vinto la morte, Satana e le forze del male. Nulla più, ormai, è definitivamente contro l’uomo, e di nulla, ormai, l’uomo è schiavo e prigioniero. Tutto è stato vinto. Vinto il peccato, che al peccatore pentito viene perdonato; vinta la morte, perché risorgeremo; vinto Satana: “Il principe di questo mondo è stato gettato fuori” (Gv 12,31). “La questione fondamentale -scrive don Carron- è come possiamo diventare più certi della risurrezione di Cristo, per non spaventarci davanti alla prima difficoltà. Poiché tutto è già vinto. Noi siamo figli di Uno che è risorto! E quindi la vittoria, la nostra salvezza, è già accaduta”.

Gli apostoli, le donne e i primi discepoli fecero fatica a credere alla risurrezione del Signore; ora lo scambiarono per un comune viandante che camminava in compagnia con loro (cfr Lc 24,15-16); ora lo credettero addirittura un fantasma (cfr Lc 24,37); l’apostolo Tommaso ebbe bisogno di toccare, di mettere la mano nella ferita del costato di Gesù per credere (cfr Gv 20,27). E Gesù: “Beati quelli che crederanno senza aver visto” (Gv 20,29).

Saremo ‘beati’ se crederemo; se crederemo che Gesù non è rimasto nella tomba, ma è risuscitato da morte. Avremo la certezza che egli è vivo, che egli è con noi. Vivremo con una ‘presenza’, con una ‘compagnia’; con un Gesù che non ci lascia mai, che è sempre con noi, che mangia con noi, che dorme con noi, che lavora con noi, che progetta con noi; che gioisce con noi, che soffre con noi; che porta i pesi della giornata con noi; che ama con noi, che spera con noi, che pensa al paradiso con noi.

Perché condannarci a sentirci soli, a vivere privi di questa presenza, di questa compagnia che è dolce, che è buona, che è consolante, che è rassicurante, che è vita anche là dove sembra esserci solo morte? Perché condannarci alla solitudine? Non ha egli forse promesso, da risorto: “Io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”? (Mt 28,20). Perché non ci crediamo? Perché ci crediamo così poco? ‘Beati’ noi, se ci crederemo! Davvero la questione fondamentale è diventare sempre più certi della risurrezione di Cristo! Per non vivere da spaventati, da troppo preoccupati, da scoraggiati, da avviliti, da senza forze, da senza speranza, come vinti dai pesi del vivere; e i pesi sono molti…

‘Signore Gesù, tu vedi la mia poca fede; vedi quanta fatica faccio a credere che tu sei vivo e non sei un personaggio del passato, relegato a duemila anni fa, ma mi sei presente, sempre presente, di giorno e di notte, quando ti penso e quando non ti penso, quando ti voglio bene e anche quando ti trascuro. Ti prego, aiuta la mia fede! In questa Pasqua dammi fede! Ho tante grazie da chiederti e di cui ho bisogno, ma ti chiedo questa al di sopra di tutte: fammi certo che tu sei risorto, che sei vivo, che sei sempre con me!’

don Giovanni Unterberger

 

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