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(At 10,25-26.34-35.44-48; 1Gv 4,7-10; Gv 15,9-17)
Duomo di Belluno, sabato 5 maggio 2018
Sull’amore, sull’amare, è stata scritta un’infinità di libri, di saggi, di trattati. La produzione letteraria su questo argomento è sconfinata. Erich Fromm diede a un suo libro il titolo: ‘L’arte di amare’, volendo sottolineare che amare non è sempre qualcosa di spontaneo che viene automaticamente da sé, ma che occorre, per amare veramente, esercitarsi, impegnarsi, come per qualsiasi arte che si volesse apprendere. Michel Quoist, nel suo libro ‘Riuscire’, mette in guardia dal confondere l’amore col sentimento, il ‘voler bene’ con ciò che si prova a livello di emozione, di sensibilità.
Anche Gesù ci ha parlato di amore e, tra gli apostoli, l’apostolo ed evangelista Giovanni è quello che di più ha colto e raccolto l’insegnamento di Gesù sull’amore. Una prima cosa, importante, che ci viene comunicata è che la fonte, la sorgente, dell’amore è Dio, non è l’uomo. Giovanni, nella seconda lettura, ci ha detto: “L’amore è da Dio; Dio è amore; non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi”. E Gesù nel Vangelo afferma: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. L’amore è da Dio. Il primato nell’amore è di Dio, è sua la precedenza; il primo e originario movimento d’amore vibra in lui. E da Dio l’amore viene comunicato all’uomo. Ciò è importante che sia ricordato, perché ciò indica all’uomo da chi egli possa imparare ad amare, a chi rivolgersi, per essere reso capace d’amore.
L’amore, in se stesso, è qualcosa di operoso, di concreto, di fattivo. “Non amiamo a parole né con la lingua, ma con fatti e nella verità”, invita san Giovanni (1Gv 3,18). E Gesù: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore”. Amare Dio chiede l’osservanza dei comandamenti. Come infatti potremmo dire di amare Dio, se non ci sforzassimo di compiere ciò che egli ci chiede e che a lui è gradito? Non è forse caratteristica dell’amore cercare di fare ciò che piace alla persona amata? Naturalmente nel bene. Amare Dio chiede di osservare la sua legge.
E poi l’amore a Dio deve diventare amore ai fratelli. “Questo vi comando -ci ha detto Gesù- che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”. Nella sua Esortazione apostolica ‘Amoris laetitia’, al capitolo quarto, papa Francesco commenta l’Inno alla carità di san Paolo, e ci offre un piccolo trattato, sintetico, ma quanto mai profondo, umano, concreto, e utilissimo per la vita quotidiana, sull’amore fraterno. Vale davvero la pena leggere quelle pagine, meditarle, confrontarsi con esse; ne trarremo grande vantaggio.
Sull’amore al prossimo si gioca l’amore a Dio. San Giovanni dice: “Chi non ama il proprio fratello che vede, come può dire di amare Dio che non vede?” (1Gv 4,20). Se da un lato l’amore a Dio è il fondamento e la sorgente dell’amore vero al prossimo, dall’altro lato l’amore al prossimo è la prova, la cartina al tornasole, che ci rivela quanto sia vero e autentico il nostro amore a Dio.
Sull’amore si gioca tutto; l’uomo sente, senza ombra di sbagliarsi, che l’amore è realtà assoluta, realtà che fa stare bene. Di amore abbiamo bisogno. Guardiamo a Dio, a Dio che è amore, e avremo in noi l’amore, il suo amore, che sapremo, poi, con la sua grazia, scambiarci tra di noi per essere felici.
don Giovanni Unterberger