Solennità dell’Ascensione di Gesù al Cielo (forma straordinaria)

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Belluno, chiesa di san Pietro, 13 maggio 2018

 

Cominciò per gli apostoli, con l’Ascensione di Gesù al cielo, il tempo della fede. Dopo la morte del Signore, essi ebbero il conforto di vederlo risorto e vivo; la ferita della morte del Maestro venne sanata e guarita dalle molte apparizioni, che lo resero loro ancora presente. Ma ora, con l’Ascensione, egli veniva totalmente e definitivamente tolto al loro sguardo, ai loro occhi. Iniziava il tempo della pura fede. Altri occhi, ormai, gli apostoli dovevano aprire, e con quelli guardare.

Il brano di Vangelo che abbiamo ora ascoltato non è di Marco; fu aggiunto al Vangelo di Marco in un secondo momento, intorno al 70-75 d.C., quando ormai l’opera evangelizzatrice degli apostoli e dei discepoli di Gesù si era largamente dispiegata e si stava con successo svolgendo. Abbiamo sentito: “Essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano”.

Gli apostoli e i primi evangelizzatori vedevano nel loro lavoro, nel loro operare, presente Gesù, presente la mano del Signore: si sentivano da lui accompagnati. Sì, Gesù se n’era andato, era asceso al cielo, ed essi non lo vedevano più, non potevano più toccarlo con le loro mani, non udivano più la sua voce, eppure si sentivano da lui accompagnati. In un certo senso Gesù non se n’era veramente andato; se n’era andato materialmente, ma spiritualmente (il che non vuol dire irrealmente) egli era ancora con loro. Nella fede lo credevano, nella fede lo avvertivano. E non è che l’opera evangelizzatrice fosse unicamente successo e riuscita; sappiamo dagli Atti degli Apostoli che essa era segnata anche da difficoltà, da ostacoli, da persecuzioni e battute d’arresto. Ma gli apostoli ormai vedevano le cose con altri occhi, con gli occhi della fede.

Sono gli ‘occhi’ di cui abbiamo bisogno anche noi. La fede fa vedere, fa vedere ciò che non si vede. Non si vede Gesù accanto a noi, e Gesù è accanto a noi; non si vede il progredire del suo Regno, e il suo regno progredisce; non si vedono i frutti di una fedeltà matrimoniale paziente e sofferta, e i frutti stanno maturando; non si vede la presenza di Cristo nel povero, nel bisognoso, e nel povero, nel bisognoso, è presente Cristo; non si vede il senso del dolore, e il dolore sopportato e offerto ha un senso e un valore.

La fede ‘vede’. Di Mosè, condottiero di Israele in mezzo alle difficoltà del deserto, la lettera agli Ebrei dice: “Rimase saldo, come se vedesse l’invisibile” (Ebr 11,27). Vedere l’invisibile tiene saldi; comunica una forza e una stabilità che non sono dell’uomo, ma di cui l’uomo ha bisogno, per non essere vinto, e rimanere sconquassato e sfracellato dagli eventi della vita.

Solennità dell’Ascensione di Gesù al cielo: solennità che inaugura il tempo della fede; solennità che chiede di vivere di fede. Domandiamo fede; domandiamo fede per noi, per i nostri cari, per la Chiesa, per il mondo intero. E il Signore in questa preghiera ci ascolterà, perché è una preghiera secondo il suo cuore, secondo la sua volontà.

don Giovanni Unterberger

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