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(Is 35,4-7a; Giac 2,1-5; Mc 7,31-37)
Duomo di Belluno, sabato 8 settembre 2018
Grande, immenso, dev’essere stato lo stupore, e immensa la gioia del sordomuto che, quel giorno, si sentì capace di udire e di parlare! Il Vangelo non dice che età potesse avere quella persona; forse era un ragazzo, un giovane, per il fatto che -come dice il testo- lo ‘condussero’, lo ‘portarono’ a Gesù; ma poteva essere anche una persona matura, che da lungo tempo soffriva di quella dolorosa limitazione, che non gli permetteva di comunicare. Immaginiamo quanto avrà parlato quel giorno, e nei giorni seguenti, quel sordomuto guarito! E quanto gli saranno state gradite le voci, i suoni, perfino i rumori, quelli da cui noi ci sentiamo disturbati, e che egli finalmente poteva udire! La sua vita era diventata improvvisamente diversa, più bella, più ricca, più piena.
Intessere relazioni con le persone, parlare, poter dire, poter esprimersi e confidarsi; ascoltare, accogliere, ricevere in sé il mondo interiore altrui è qualcosa di grande, di straordinario, di nutriente. Questo accadde quel giorno a quell’uomo. E gli accadde per un tocco del dito di Gesù: “Gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua, e subito gli si aprirono gli orecchi e si sciolse il nodo della sua lingua”, dice il Vangelo.
I nostri orecchi sono aperti, e nessun nodo impedisce la nostra lingua; ma tuttavia noi abbiamo bisogno del tocco di Gesù; i nostri orecchi e la nostra lingua hanno bisogno di quel ‘tocco’, perché non sempre i nostri orecchi odono correttamente, e la nostra lingua parla come dovrebbe. Quanti peccati si commettono con gli orecchi e con la lingua! Cose udite che non si dovevano udire, richieste di aiuto che si dovevano ascoltare e non si sono ascoltate; parole che si dovevano dire e non si sono dette, parole che si sono dette e non si dovevano dire; parole che si dovevano dire e sono state dette, ma sono state dette male, con ira, con cattiveria, con falsità. Quanti peccati con gli orecchi e con la lingua! E quanto bisogno abbiamo del ‘tocco’ di Gesù!
Come si fa a farsi ‘toccare’ da Gesù? E’ nell’incontro con lui che ciò può accadere; è nella preghiera che lui ci può guarire orecchi e lingua. Madre Teresa di Calcutta si alzava presto al mattino, partecipava alla Messa, e poi trascorreva altre due ore in preghiera. Diceva: ‘Ho bisogno di stare col Signore, di ascoltare la sua voce; lui mi apre gli orecchi con la sua parola; e io ho bisogno che lui mi apra gli orecchi, perché solo così divento poi capace di udire e ascoltare il grido dei poveri, il rantolo dei moribondi sui marciapiedi di Calcutta’.
E poi parlare; parlare quando è giusto, parlare come è giusto; non parlare quando è da tacere… L’apostolo Giacomo nella sua lettera dice: “Se uno non manca nel parlare è un uomo perfetto” (Gc 3,2). E san Paolo esorta: “Nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca, ma piuttosto parole buone che possano servire alla necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano” (Ef 4,29); e “per quanto riguarda le volgarità, le insulsaggini e le trivialità, cose tutte sconvenienti, neppure se ne parli tra voi” (Ef 5,3-4).
Nella preghiera Gesù ci insegna a parlare; ci insegna a parlare perché nella preghiera egli ci guarisce il cuore, ci rende il cuore buono, vero, capace di sapienza. E’ infatti dal cuore che escono le parole, più ancora che dalla bocca: Gesù dice: “La bocca parla dalla pienezza del cuore” (Mt 12,34). Con un cuore buono diremo parole buone; con un cuore vero diremo parole vere; con un cuore puro diremo parole pure.
Ma chi ci cambierà il cuore? Solo la preghiera, solo Gesù nella preghiera. Nella preghiera egli ci ‘tocca’ orecchi e lingua, ci rende capaci di udire e parlare nel più bello dei modi.
don Giovanni Unterberger