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(Sap 2, 12. 17-20; Giac 3,16-4,3; Mc 9,30-37)
Duomo di Belluno, sabato 22 settembre 2018
“Di che cosa stavate discutendo per la strada?”. Questa domanda dovette essere poco gradita agli apostoli, tanto che, sentendosi scoperti nei loro discorsi non proprio sublimi, tacquero, e non diedero a Gesù alcuna risposta.
Domanda interessante da parte del Signore, che rivela di lui qualcosa di particolare. Gesù, lungo la strada, dev’essere sembrato agli apostoli come assorto in se stesso, non attento ai loro discorsi e alle loro discussioni. Se l’avessero percepito presente e in ascolto, probabilmente non avrebbero intonato quella disputa su chi di loro fosse il più grande, il più importante (se ne sarebbero vergognati…); argomento particolarmente stonato anche per il fatto che Gesù aveva appena parlato loro della sua futura umiliazione nella morte di croce. Ma Gesù era quanto mai presente e vigile; gli interessava quanto i suoi apostoli andavano dicendo, lasciando trapelare i propri pensieri e i propri criteri di giudizio. Prova ne è il fatto che Gesù, posta la domanda e pur non avendone ricevuta risposta, centrò perfettamente l’argomento e cominciò a dire: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”.
Gesù è presente, ci è presente. Egli è in cielo, ma ci è presente: ci vede, ci sente, coglie ogni nostro pensiero, ode ogni nostra parola, non gli è nascosta alcuna nostra azione. Come sarebbe diversa, più buona, più virtuosa e più santa la nostra vita, se avessimo forte e continua questa consapevolezza: la consapevolezza della sua presenza, e la consapevolezza che noi gli siamo in ogni momento presenti! Quanto abbiamo bisogno di questa consapevolezza! Quanto essa ci manca e quanto invece ci è necessaria! Quanto ci farebbe bene averla!
Allora dobbiamo trovare il modo per procurarcela, per alimentarla, per renderla sempre più viva, più certa e più continua. Ci aiuta, nell’acquisto di tale consapevolezza, la preghiera, il costellare la giornata di giaculatorie, l’educarci a vedere lui, il Signore, in ogni cosa, in ogni avvenimenti, in ogni persona, in tutto ciò che accade.
Gli apostoli, se si fossero accorti che Gesù li stava ascoltando, non avrebbero iniziato a discutere su chi di loro fosse il più grande; e se l’avessero iniziato, un tale discorso, l’avrebbero prontamente troncato. Gesù non ci vuole in continua competizione, rivali degli uni gli altri, tesi ad essere ‘di più’ di chi abbiamo vicino; malati di protagonismo, di bisogno di affermazione a scapito del fratello, della sorella; pronti anche a parlare male e a mettere in risalto i limiti, i difetti e le debolezze altrui, per apparire noi migliori. Gesù ci desidera umili, capaci di stare al secondo, terzo posto, capaci di gioire per il successo del nostro prossimo, capaci di servire.
Egli ci ha dato l’esempio in se stesso: “Il Verbo si fece carne” (Gv 1,14); e pur essendo nella condizione di Dio, Gesù non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6-7).
Domandiamo al Signore la grazia di essere consapevoli della sua presenza, e allora saremo umili, uomini-donne di pace; non persone di competizione e di rissa, ma persone che hanno in sé “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5).
don Giovanni Unterberger