17a domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria)

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(Ef 4,1-6;     Mt 22,34-46)

Belluno, chiesa di s. Pietro, 16 settembre 2018

 

“Amerai il Signore tuo Dio, amerai il tuo prossimo” fu la risposta di Gesù al dottore della legge, che gli chiedeva quale fosse il primo dei comandamenti, cioè la cosa più importante da compiere e da vivere.

Amare; ma non si nasce già capaci di amare in modo perfetto. Immaginiamo tre cerchi concentrici: uno più piccolo, più interno; uno un po’ più ampio che lo contiene; e un terzo cerchio, più ampio ancora, che contiene gli altri due. Il cerchio più piccolo, più interno, sta a indicare lo stadio del bambino. Dalla circonferenza di quel cerchio si dipartono tante frecce, rivolte tutte verso il centro: simboleggiano il bambino, che è totalmente incentrato su di sé, unicamente richiesta di attenzioni per sé.

Il cerchio intermedio indica lo stadio dell’adolescente. Dalla circonferenza di quel cerchio si dipartono frecce sia verso il centro che verso l’esterno: simboleggiano l’adolescente, che è capace di dono di sé, di attenzione e di servizio agli altri, ma che è ancora legato al suo soddisfacimento personale, ai propri interessi, ai propri capricci, in sostanza al proprio egoismo.

E infine il terzo cerchio, quello più grande. Dalla circonferenza di quel cerchio si dipartono solo frecce verso l’esterno: simboleggiano l’adulto, la persona matura, matura nell’amare, capace di dono di sé grande, pieno, continuo, fedele, fino al sacrificio della vita.

Il passaggio da un cerchio all’altro richiede tempo. In natura tutto richiede tempo: il seme ha bisogno di tempo per maturare; una pianta ha bisogno di tempo per crescere; addirittura un temporale ha bisogno di tempo per formarsi nell’aria, nel cielo. Il passaggio dallo stadio del bambino allo stadio dell’adolescente, e a quello della persona matura che sa amare pienamente, richiede tempo; ma non solo tempo, richiede anche impegno, sforzo, buona volontà. Il passaggio dall’uno all’altro stadio non è automatico; potrebbe anche accadere che al cerchio più esterno non si arrivasse mai, o, addirittura, che da quel cerchio si ricadesse in quello intermedio, se non proprio a quello più interno. Capita, alle volte, di imbattersi in persone già avanti con gli anni, in persone di età matura, che per quanto riguarda la capacità di amare, siano ancora a livello adolescenziale.

Come fare per raggiungere, posizionarsi e rimanere stabili sul cerchio più esterno, più grande, sul cerchio dell’amore perfetto? Conosciamo lo strumento che è la calamita. La calamita è un corpo che ha in sé una carica magnetica capace di attirare il ferro o altri metalli. Se del ferro o un altro metallo viene posto ad una certa vicinanza dalla calamita, viene dalla calamita attirato fino a sé. Così è per noi: se ci posizioniamo vicino a Dio, se con la preghiera, con lo sguardo fisso su di lui, col desiderio di lui, noi ci avviciniamo a Dio e ci teniamo stretti a lui, noi veniamo da Dio attirati fino a sé, e Dio, che è amore, e amore perfetto, ci rende capaci di amare in modo perfetto, ci pone e ci mantiene sul cerchio più ampio, quello più grande, quello più bello. quello dell’amore vero e pieno.

Noi non siamo capaci di amare davvero, da soli; abbiamo bisogno di Dio. Da Dio esce una forza di attrazione forte e grande; è necessario che noi gli stiamo vicini, così da riuscire ad amare lui e il prossimo come egli ci chiede e ci comanda.

don Giovanni Unterberger

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