3a domenica di Avvento (forma straordinaria)

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(Fil 4,4-7;    Gv 1,19-28)

Belluno, chiesa di san Pietro, 16 dicembre 2018

Sulle rive del Giordano un uomo andava gridando: “In mezzo a voi sta uno che non conoscete!” Era Giovanni Battista, che annunciava la presenza del Messia. Il Messia era presente in Israele, ma la gente, quella presenza, non la vedeva, non l’avvertiva. Un po’ come noi; quanta fatica a pensare e a credere Gesù presente in mezzo a noi, presente a noi! Non dobbiamo immaginare che gli ebrei di allora non facessero alcuna fatica; non facevano fatica a vedere la persona fisica di Gesù, ma a crederlo e a considerarlo il Messia facevano fatica! Occorreva loro fede; così come occorre fede oggi a noi.

Noi ci stiamo preparando al Natale, alla venuta del Signore. ‘Ma -possiamo chiederci- il Signore non è già venuto? Non è già nato a Betlemme, e quindi non è già qui?’ Sì, egli è già nato ed è qui, ma quanto poco siamo coscienti e consapevoli della sua presenza! Quanto poco il suo ‘esserci’ s’impone ai nostri pensieri, e poco noi ci sentiamo in sua compagnia! Egli è il ‘presente’ e il molte volte ‘assente’, assente nel senso di ‘da noi dimenticato’. La dimenticanza di lui è il grande problema, il grande peccato, da cui derivano tutti gli altri peccati, perché, dimentico di lui, l’uomo è in balìa di se stesso, delle proprie passioni, degli eventi, degli accadimenti. Se il tralcio è staccato dalla vite, perde vita, vitalità (cfr Gv 15,6), e in lui vince il mondo.

Ecco allora il senso del Natale, del Natale celebrato a distanza di più di duemila anni da quando avvenne, il senso di attendere il Signore che viene, il senso di dire: “Vieni, Signore Gesù!”: il senso è il desiderare e l’implorare che egli nasca ancora, che egli si faccia più vicino a noi, o -meglio- che noi cresciamo nella consapevolezza della sua vicinanza, della sua presenza, del suo ‘esserci’. Diventare più sicuri che lui c’è!

Anche l’apostolo Paolo nell’epistola ha affermato la medesima cosa: “Il Signore è vicino”, egli ha detto. E ha costellato l’affermazione della vicinanza e della presenza del Signore con una corona di begli atteggiamenti, di bei doni: la gioia: “Fratelli rallegratevi nel Signore; ve lo ripeto, rallegratevi”. La vicinanza del Signore è motivo di gioia.

E poi l’affrancamento da ogni ansia: “Non siate ansiosi per alcuna cosa; piuttosto fate conoscere a Dio le vostre necessità, con fiducia e speranza”. E siate affabili! “La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini”. Il termine greco, oltre che con ‘affabilità, può essere tradotto con ‘amabilità’, ‘clemenza’, atteggiamento che, lasciato cadere lo stretto rigore del diritto e della giustizia, inclina all’accoglienza e al perdono.

Il Signore ‘vicino’ ci rende capaci di ciò, capaci di un animo così. E, infine, la pace: “La pace di Dio, che sopravanza ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù nostro Signore”. Una pace che non dipende dalle circostanze, ma viene dal Signore: “Egli è la nostra pace”, dice san Paolo nella lettera agli Efesini(Ef 2,14).

Abbiamo bisogno del Natale; e non una volta all’anno soltanto, ma ne avremmo bisogno ogni giorno; perché ogni giorno abbiamo bisogno di stringere sempre un po’ di più l’amicizia con Gesù, il senso della sua presenza, la ‘certezza’ della sua presenza; abbiamo bisogno che lui venga, ci si riveli; e noi possiamo riscattarci dalla dimenticanza di lui.

“In mezzo a voi sta uno che non conoscete”. ‘Vieni, Signore Gesù!’ Ti invochiamo e ti crediamo ‘vicino’.

 don Giovanni Unterberger

 

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