6^ domenica del Tempo ordinario (forma ordinaria)

Botticelli – La Primavera – 1480 circa

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(Ger 17,5-8;   1Cor 15,12. 16-20;   Lc 6,17. 20-26)

Duomo di Belluno, 17 febbraio 2019

Abbiamo bisogno di essere contenti; il desiderio più profondo del cuore umano è la felicità. E possiamo pensare che Dio non ci abbia creati per la felicità? Possiamo pensare che Dio abbia avuto in mente per noi un destino di dolore, di sofferenza, di noia, d’insoddisfazione, di vuoto, di buio, di non senso? Sarebbe un Dio cattivo; ma Dio è buono; Dio è Padre; ha addirittura inviato suo Figlio sulla terra e ha accettato che venisse sacrificato, perché noi trovassimo la via della felicità. La via alla felicità c’è; ma dov’è? qual è?

Nel mondo ci sono infinite agenzie dispensatrici di felicità; ma sono felicità vere? C’è felicità nell’avere, nel possedere molte cose? E’ vera agenzia di felicità quella che dice: quanto più hai, tanto più sarai contento? o quella che dice: quanto più fai quello che vuoi, quello che più ti piace, quello che più ti accontenta, libero… libero da ogni regola e vincolo morale e sociale, tanto più sarai te stesso, e quindi tanto più sarai felice?  Ma quale ‘te stesso’ diventeresti in questo modo?

“Maledetto (cioè infelice) l’uomo che confida nell’uomo, che pone nella carne (cioè nelle cose umane) il suo sostegno (la propria illusione di felicità)”, ci ha avvertito Geremia, ed è parola di Dio. Ci sono nel mondo molti “falsi profeti”, ha detto Gesù, che si presentano vestiti “di veste di pecora, ma dentro sono lupi rapaci” (Mt 7,15); promettono ciò che non possono dare, dicono: ‘ti faccio contento’, ma contento non ti fanno, perché il tuo cuore è fatto per molto di più di quello che essi ti possono dare, e ti lasciano invece deluso abbattuto, infelice e depresso.

Ma, allora, c’è una via alla felicità? “Io sono la via”, ha detto Gesù (Gv 14,6), “chi cammina dietro a me non cammina nelle tenebre”, nelle tenebre del non senso e dell’infelicità (Gv 8,12). E’ la pretesa di Gesù. Gesù pretende di essere la felicità dell’uomo, di conoscere la via della sua felicità, e la propone: sono le beatitudini, le beatitudini nella redazione di Luca, che abbiamo sentito ora nel Vangelo, e nella redazione più ampia di Matteo (cfr Mt 5,3-12): “Beati voi, poveri; beati voi che piangete; beati voi, miti, assetati di giustizia, puri di cuore, fedeli a me fino ad essere perseguitati…”.

Papa Francesco nella sua Esortazione apostolica ‘Evangelii gaudium’ parla della gioia del Vangelo; dice: è nel Vangelo, nell’obbedienza ad esso, che troverete la gioia, la felicità. Vivere il Vangelo non è comodo, non è ‘una passeggiata’; vivere il Vangelo costa, domanda lotta contro le proprie passioni, capacità di mortificazione; ma noi dobbiamo scegliere tra ciò che è comodo e ciò che fa felici. E’ una “porta stretta” il Vangelo, ha detto Gesù, ma conduce alla vita (cfr Mt 7,13-14). Del resto noi sappiamo che è così: ogni volta che abbiamo seguito il Signore; ogni volta che abbiamo obbedito ai suoi comandamenti; ogni volta che abbiamo vinto noi stessi per amare, per aiutare, per perdonare, per essere secondo Dio, noi abbiamo provato una gioia del tutto particolare, una gioia che non è di questo mondo; gioia che è dello Spirito Santo, dono e ricompensa da parte di Dio.

E’ gesto alto di tenerezza e di amore verso se stessi vivere il Vangelo, perché è percorrere la via della vera felicità. Il comando di Gesù di amare stessi (cfr Mc 12,31) vuole dire proprio questo: cercate ciò che vi fa davvero felici.

don Giovanni Unterberger

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