Domenica di Passione (forma straordinaria)

Paolo Veronese – Disputa di Gesù fra i dottori del Tempio – 1562 ca

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(Ebr 9,11-15;   Gv 8,46-59)

Belluno, chiesa di s. Pietro, 29 marzo 2020

C’è, nel brano di Vangelo che abbiamo ora ascoltato -brano che ci riporta un violento contraddittorio tra i farisei e Gesù- , una domanda di questi al Signore che sa di aperta sfida. A lui che aveva affermato: “Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte”, essi obiettarono: “Sei tu più grande del nostro padre Abramo che è morto?”; e, a seguire, la sfida tagliente: “Chi pretendi di essere?”.

Gesù non aveva mai preteso nulla nella sua vita; se c’era una persona umile, che non aveva mai cercato se stesso e la propria gloria (quando guariva qualcuno, diceva: ‘non ditelo a nessuno’ cfr Mc 7,36), era proprio lui, Gesù, il Figlio di Dio! Nessuna ‘pretesa’ nelle sue parole, ma solo ‘verità’. Eppure quello che disse, sulla bocca di un altro uomo avrebbe suonato come pretesa assurda e intollerabile. Ma non sulle sue labbra.

Era pretesa o verità: “Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12)? Il mondo che non segue Gesù non è forse nelle tenebre? Non è forse nel buio più profondo, in atteggiamenti e scelte che portano al disfacimento e all’autodistruzione?

Era pretesa o verità: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11,28)? C’è vero ristoro in qualcuno a questo mondo che non sia lui? qualcuno che possa sedare le paure più profonde, essere risposta alle domande più inquietanti del cuore, dare sicurezza certa nella precarietà esistenziale della vita? Come spiegare l’accorrere a lui della gente, delle folle, in Palestina? e Pietro che esclama: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68)? Forse abbiamo sperimentato anche noi che egli è vero ristoro. Ci torna forse alla mente qualche momento difficile, doloroso della nostra vita in cui egli ci è stato vero sostegno e vero sollievo.

E ancora, era pretesa o verità: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me non morirà in eterno” (Gv 11,25-26), se ha risuscitato Lazzaro (cfr Gv 11,43-44), il figlio della vedova di Nain (cfr Lc 7,14-15), la ragazza dodicenne di Cafarnao (cfr Mc 5,41-42); e se è risorto egli stesso dopo essere stato crocifisso (cfr Lc 24,6)? Le ‘pretese’ di Gesù erano ‘pura verità’!

Accettiamo allora come vero molto altro che egli disse: “Non preoccupatevi per il domani; il Padre vostro celeste provvede a voi” (Mt 6,25-34); “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la sua anima?” (Mt 16,26); “Io sono il pane disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv 6,51); “Non sia turbato il vostro cuore; abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Vado a prepararvi un posto” (Gv 14,1-2); “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). ‘Verità’, e non ‘pretese’!

Allora noi non gli diremo, come i Giudei del Vangelo: “chi pretendi di essere?”, ma gli domanderemo: “chi sei?”, Signore. Desideriamo conoscerti! desideriamo conoscerti di conoscenza ‘biblica’, che è sinonimo di comunione, di amicizia, di condivisione, di sponsalità. Desideriamo essere un tutt’uno con te, perché quelle che a certuni possono sembrare pretese, sono in realtà la nostra vita, il nostro bene, il centuplo quaggiù e la beatitudine eterna un giorno in paradiso.

E ci consola immensamente il sapere che tu vuoi farti conoscere, che questo è il tuo grande, ardente desiderio!

don Giovanni Unterberger

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