14^ domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria)

Pietro da Cortona – Trionfo della Divina Provvidenza – 1632-39

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(Gal 5,16-24;   Mt 6,24-33)

Belluno, chiesa di s. Pietro, 6 settembre 2020

Una trentina d’anni fa è morto, in Cadore, un uomo che pregava molto, ma che quando recitava il ‘Padre nostro’ assieme ad altri, lo terminava sempre un po’ prima. Gli chiesero come mai, ed egli rispose: “Io tralascio le parole ‘sia fatta la tua volontà’; dico: ‘sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno…dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti’ ecc. Non mi fido di dire ‘sia fatta la tua volontà’, perché non so che cosa quella volontà mi potrebbe riservare”. Può sembrarci un uomo buffo, costui, ma se lo consideriamo da un altro punto di vista, dobbiamo ammettere che quelle parole egli le prendeva sul serio, perché dava loro il significato e il peso che hanno.

Noi recitiamo davvero con convinzione ‘sia fatta la tua volontà’, intendendo affidarci pienamente alla volontà di Dio nella vita, quando lo pronunciamo? Non è forse vero che la volontà e il disegno di Dio sulla nostra vita potrebbero essere diversi da quelli pensati e desiderati da noi, e quindi dire ‘sia fatta la tua volontà’ costituisce un rischio? Sì, un rischio, ma un rischio ragionevole. A quell’uomo si sarebbe potuto suggerire, per aiutarlo: “La preghiera che contiene quelle pericolose parole inizia con la parola ‘Padre’, parola rassicurante, perché può mai un padre volere il male dei suoi figli? Forse che se un figlio ha bisogno di pane -dice Gesù- suo padre gli dà un sasso, e se chiede un pesce gli dà un serpente? (cfr Mt 7,9-10). Un padre non può che volere il bene dei suoi figli; così un padre umano, e così il Padre del cielo. Quindi fiducia, fiducia nella volontà del Signore”.

E’ a una tale fiducia che il Vangelo di oggi ci invita. Gesù non ignorava quanto la vita dell’uomo sulla terra sia faticosa: allora, ed ora; fonte di preoccupazioni: allora, ed ora; e volle pronunciare parole di conforto e di rassicurazione: “Guardate i gigli del campo…neppure Salomone vestiva come loro; guardate gli uccelli del cielo…non muoiono di fame, il Padre provvede al loro nutrimento”; e anche voi avete un Padre in cielo che pensa a voi”. E’ il tema della Provvidenza, tanto importante e necessario anche oggi, che pure è epoca di scienza ricca di conquiste e di tecnica avanzata e in continuo sviluppo. L’uomo si sente sempre in pericolo, sempre mancante di qualche cosa, e quindi preoccupato, in ansia. Ci sono malattie, e non solo psicologiche ma anche fisiche, che lo colpiscono, quali conseguenze della preoccupazione e dell’ansia.   Questo il Signore non lo vuole, per cui dice: “Non siate preoccupati, abbiate fiducia in Dio; c’è una Provvidenza!”

Certamente sarebbe sbagliata una fiducia nella Provvidenza che pensasse di lasciar fare tutto a lei; l’uomo deve fare la propria parte. San Giovanni Calabria, sacerdote veronese fondatore dei ‘Poveri servi della Provvidenza’, morto nel 1954 e canonizzato da papa Giovanni Paolo II nel 1999, diceva: “La prima Provvidenza è la testa sul collo, anche agli uccelli il Signore ha dato gli occhi e il becco”. C’è qualcosa che spetta a noi; ma spetta a noi anche fidarci, fidarci di un Dio che ci vuole bene e ci accompagna pronto sempre a sostenerci. Che cosa ci è più difficile e faticoso: quello che dobbiamo fare noi, o fidarci di Dio e della sua Provvidenza? Proviamo a pensarvi… e proviamo a darci la risposta.

La frase conclusiva del brano evangelico è lapidaria, forte e ha il sapore di una sfida: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia (qui ‘giustizia’ vuol dire ‘giusto rapporto con Dio’) e ogni altra cosa vi sarà data in aggiunta”. E’ una sfida, una sfida alla nostra fede. Quando Gesù ci sfida non è mai per vincerci e batterci, ma sempre e solo perché la sfida la vinciamo noi, con la sua grazia; e possiamo stare bene e avere salvezza.

Diremo allora spesso: “Signore, credo nella tua Provvidenza; Signore, assistimi con la tua Provvidenza!”

don Giovanni Unterberger

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