16^ domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria)

Il Moretto – Cena in casa di Simone il fariseo – 1544

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(Ef 3,13-21;    Lc 14,1-11)

Belluno, chiesa di s. Pietro, 20 settembre 2020

Intreccio di sguardi che osservano, in questo Vangelo. I farisei osservavano Gesù, curiosi di vedere come si sarebbe comportato; già lo avevano visto agire in modo diverso da quello comune, da quello di tutti. E anche quel giorno Gesù li sorprese: guarì un malato in giorno di sabato, cosa che la legge di Mosè, secondo la loro interpretazione, proibiva. “I farisei lo osservavano”, dice il Vangelo. Anche Gesù osservava: “Osservando come gli invitati scegliessero i primi posti a tavola”, raccontò loro una parabola per invitarli all’umiltà: ‘scegliete gli ultimi posti e non i primi’, disse. Diversità di modi di osservare: i farisei pronti al giudizio, Gesù disposto a correggere, ad insegnare e ad aiutare.

Evitiamo il modo di osservare dei farisei, modo che partiva da precomprensione, da schemi mentali personali e ristretti, da spirito non buono. Alle volte anche il nostro osservare è così: poco benevolo, critico, e ingeneroso verso i fratelli. E’ sufficiente che una persona sia anche di poco diversa da noi, e subito non ci va bene, subito scattano in noi giudizio e condanna. Quanti giudizi di questo tipo tra gli uomini! Il mondo ne è pieno; ne è pieno, e ne è lacerato! Quanto bello, invece, l’osservare di Gesù! ricco di pazienza e di benevolenza, non di disprezzo, per quegli invitati vanitosi e orgogliosi. A loro racconta una parabola.

Sentiamoci sotto lo sguardo del Signore; ‘osservati speciali’ di lui, non nel senso che questa espressione  ha comunemente, cioè di persone che sono tenute sotto osservazione perché hanno compiuto qualcosa di male e quindi devono essere tenute nell’impossibilità di nuocere e di compierne ancora; ma ‘osservati speciali’ perché molto amati, così come sono ‘osservati speciali’ i figli da parte dei loro genitori, che vogliono loro bene.

In effetti noi viviamo continuamente sotto lo sguardo di Dio. Il salmo 139 recita: “Signore, tu mi scuti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo. Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti. Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro”. Sarebbe grande cosa se noi sapessimo recuperare questa verità; ne avrebbe grande vantaggio la nostra vita, il nostro cuore.

Sono al lavoro, a scuola, in ufficio, in fabbrica, e mi sento sotto lo sguardo di Gesù; farei bene il mio lavoro. Sono in casa, in famiglia, vivo i rapporti con i figli, con lo sposo, con la sposa, anche i più intimi, e mi sento sotto lo sguardo di Gesù; i miei rapporti acquisterebbero in umanità e in verità. Sono nella difficoltà, nella preoccupazione, nel dolore, nel lutto, e mi sento sotto lo sguardo di Gesù; il mio cuore ne verrebbe illuminato, rassicurato, consolato. Gesù mi sta osservando e guardando in ogni momento, pronto a dirmi qualcosa come disse e parlò agli inviati al pranzo di quel giorno in Palestina; pronto ad agire su di me come agì quel giorno sull’idropico che aveva davanti, guarendolo.

Gesù ci guarda sempre, ricordiamolo; il ricordarlo è come un raggio di luce sul capo, un abbraccio al cuore, un sorriso incoraggiante che aiuta e apre la strada, una parola che parla, dice, riempie e non delude.

don Giovanni Unterberger

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