5^ domenica del Tempo ordinario

Gesù guarisce la suocera di Pietro – affresco bizantino

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(Gb 7,1-4. 6-7;   1Cor 9,16-19. 22-23;   Mc 1,29-39)

Duomo di Belluno, 7 febbraio 2021

Il nostro vescovo Pietro Brollo, in occasione di un Ritiro spirituale predicato ai nostri seminaristi, parlò loro della vita spirituale, del rapporto personale profondo che il sacerdote, e ogni cristiano, deve instaurare e coltivare con la persona di Gesù per vivere una vita santa; e concluse la sua meditazione con queste parole: “La preghiera non è tutto, ma tutto deve partire dalla preghiera”. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci ha detto proprio questo. Gesù faceva così.

Gesù a Cafarnao guarì la suocera di Pietro; subito prima aveva trascorso la mattinata in sinagoga prendendo parte alla preghiera del sabato. Il giorno seguente egli si alzò presto al mattino, mentre ancora tutti dormivano, e andò a pregare; poi riprese il suo apostolato e la predicazione nelle sinagoghe della Galilea. Dall’incontro col Padre Gesù attingeva la forza per la sua missione; dallo stare con lui capiva e veniva istruito su quanto doveva dire e insegnare. Gesù dipendeva dalla preghiera.

Era in preghiera al momento del battesimo (cfr Lc 3,21); passò la notte in preghiera prima di scegliere i dodici apostoli (cfr Lc 6,12-13); si ritirò a pregare in solitudine su di un monte quando le folle lo cercavano per farlo re (cfr Gv 6,15), e vi rimase fino a notte inoltrata (cfr Mt 14,23); era in preghiera quando gli apostoli non sapevano dove fosse e, vedendolo pregare, gli dissero: “Insegnaci a pregare” (cfr Lc 11,1). La trasfigurazione avvenne mentre pregava (cfr Lc 9,29); pregò durante l’ultima cena (cfr Gv 17), nel Getsemani (cfr Lc 22.41), sulla croce (cfr Mt 27,46; Lc 23,46). La preghiera era il suo pane, la sua forza, la sua serenità. Gesù era Dio, eppure pregava; la sua umanità non poteva reggere senza ricorrere e appoggiarsi continuamente al Padre. Un giorno raccontò una parabola “sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi”, dice il Vangelo di Luca (Lc 18,1). E’ indicazione per noi.

“Diventa sempre più evidente che gli unici uomini al mondo ad essere davvero felici sono quelli che sanno pregare”, scrive Thomas Merton nel suo libro ‘Il primato della contemplazione’; e Paul Claudel: “Il grande bisogno dell’uomo moderno è la preghiera, la vita interiore, la ripresa ad ogni costo delle relazioni con Dio. Moriamo tutti di fame e di sete”. San Tommaso Moro, il gran cancelliere del re Enrico VIII, messo a morte perché contrario alla volontà del sovrano di staccarsi dalla Chiesa cattolica, ebbe a dire: “Dobbiamo pregare perché l’intelligenza umana è troppo corta e la volontà dell’uomo è troppo debole; perché l’uomo che agisce senza Dio non dà mai il meglio di sé”. “La preghiera lava i peccati -scriveva Tertulliano- respinge le tentazioni, conforta i pusillanimi, incoraggia i generosi, calma le tempeste, ferma la mano dei malfattori, sostenta i poveri, ammorbidisce il cuore ai ricchi, rialza i caduti, sostiene i deboli, sorregge i forti”.

C’è grande bisogno di preghiera; l’umanità soffre per mancanza di rapporto con Dio. “Pregate per vivere meglio insieme”, diceva padre Jacques Hamel, il sacerdote francese ucciso dai musulmani nel 2017. La preghiera trasforma l’uomo, lo mette in contatto con Dio, e lo rende ‘divino’; guarisce la sua natura malata, la ricolma dei doni dello Spirito Santo; rende l’uomo capace di amare. “La preghiera non è tutto”, disse il vescovo Brollo; la preghiera, infatti, deve portare alla carità. Una preghiera che non fiorisse in carità, in interessamento vero e fattivo nei confronti del prossimo, non sarebbe vera preghiera, non avrebbe messo in vero contatto l’uomo con Dio, perché “Dio è amore”, dice l’apostolo Giovanni (1Gv 4,8); e chi incontra Dio impara ad amare, non può non amare i fratelli.

Eppur tuttavia “tutto deve partire dalla preghiera”. Così era per Gesù, instancabile nell’apostolato e nel prendersi cura dell’uomo; forte fino al punto di salire in croce per la salvezza del mondo; e così è per noi, perché “senza di me, senza il mio aiuto, non potete fare nulla”, ha detto perentoriamente Gesù (Gv 15,5). Ecco, dunque, abbiamo l’indicazione, abbiamo la rotta: seguiamola; sperimenteremo miracoli.

don Giovanni Untereberger

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