È facile pensare che una vera e profonda relazione con il Signore possa essere instaurata solo in età adulta, e che Dio abbia bisogno di persone mature per farsi intimamente conoscere ed amare.
San Domenico Savio era un ragazzo piemontese, vissuto solo quindici anni (1842-1857). Mostrò fin da piccolo una profonda vita spirituale, tanto che fu ammesso alla Prima Comunione a sette anni, con largo anticipo rispetto alla consuetudine di allora. Quel giorno annotò su di un foglio di carta: “Mi confesserò e farò la Comunione frequentemente. I miei amici saranno Gesù e Maria. La morte, ma non peccati”. Un giorno san Giovanni Bosco, nella festa del proprio onomastico, chiese ai suoi ragazzi, nel cui gruppo Domenico era entrato, di indicargli su di un biglietto quale regalo desiderassero da lui. Domenico scrisse: “Mi aiuti a farmi santo”. A quattordici anni s’ammalò gravemente di polmonite, e in breve tempo morì. Sul letto di morte chi gli era accanto lo sentì ripetere più volte, estasiato: “Che bella cosa io vedo!”
Anche Carlo Acutis morì a soli quindici anni (1991-2006), stroncato da una leucemia fulminante. Dal giorno della sua Prima Comunione, a sette anni, non mancò mai all’appuntamento quotidiano con la Santa Messa. Cercava sempre, o prima o dopo la celebrazione eucaristica, di sostare davanti al Tabernacolo per adorare il Signore presente nel Santissimo Sacramento. La Madonna era la sua grande confidente e non mancava di onorarla recitando ogni giorno il Rosario. Diceva: “La nostra meta deve essere l’infinito, non il finito. L’Infinito è la nostra Patria. Da sempre siamo attesi in Cielo”. Morì offrendo le sue sofferenze per il Papa e per la Chiesa.
Manuel Foderà era nato a Calatafimi, provincia di Trapani nel 2001. A quattro anni si ammalò di tumore, che sopportò con straordinario coraggio. Aveva un grande amore all’Eucaristia, che desiderava ricevere il più spesso possibile; chiese di poterla ricevere anche due volte al giorno, quando doveva sostenere cure diagnostiche invasive, cicli di chemioterapia, dolori particolarmente forti. Una volta, al momento di ricevere la Comunione, disse alla mamma: “Mamma, sto per prendere Gesù: mi batte forte il cuore!”. E nel momento del ringraziamento aggiunse: “Mamma, non ho sentito la voce di Gesù come tu senti la mia, ma sono riuscito a parlargli e lui mi rispondeva nel mio cuore. Che bello! Sono felice. Desidero ricevere Gesù nel mio cuoricino, affinché diventi il mio migliore amico per sempre! Sarà la mia forza, la mia gioia, la mia guarigione”. Morì nel 2010, a nove anni.
Antonietta Meo era una bambina nata a Roma e vissuta solo sei anni e mezzo (1930-1937). Era vivace e allegra, con una gran voglia di giocare. Fu colpita da un tumore osseo che le causò l’amputazione della gamba e le procurò forti dolori fino alla morte. Lasciò un diario e più di cento letterine rivolte a Gesù, a Maria e a Dio Padre, che rivelano una vita di unione mistica davvero straordinaria. In una di esse scrisse: “Caro Gesù crocifisso, io voglio stare sul Calvario con te e soffro con gioia perché so di stare sul Calvario. Io ti ringrazio che tu mi hai mandato questa malattia, perché è un mezzo per arrivare in paradiso”. Nel 2007 papa Benedetto XVI ne ha riconosciuto l’eroicità delle virtù, proclamandola venerabile.
Ricordiamo anche Francesco e Giacinta, i due pastorelli di Fatima, che offrirono la loro giovane vita alla Madonna per la conversione dei peccatori.
Il Signore sa fare grandi cose anche con i piccoli, rivelarsi a loro e intrattenersi con le loro giovani anime in modo straordinario e mirabile: giovinezze meravigliose e stupende!
don Giovanni Unterberger