Solennità dell’Ascensione

Pietro Perugino – Ascensione di Cristo – 1496-1500 ca

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(At 1,1-11; Mc 16,14-20)

Domenica 16 maggio 2021, risalente al 20 maggio 2012

Quaranta giorni di apparizioni di Gesù risorto ai suoi apostoli dopo la sua morte in croce, per assicurarli che egli era vivo, tornato in vita. Gesù li aveva raggiunti nel cenacolo, sulla strada di Emmaus, sulle rive del lago di Genezareth; si era fatto vedere, toccare, aveva mangiato con loro; li aveva fatti certi della sua risurrezione. Ora poteva anche salire al cielo, cioè sottrarsi per sempre al modo terreno di stare con loro, cessare di concedersi a loro in modo sensibile come aveva fatto nei due anni e mezzo della sua vita passati insieme.

Possiamo pensare che quel giorno, il giorno dell’Ascensione, sia stato un giorno difficile per gli apostoli: non vedere più Gesù, non udire più la sua voce, non poterlo più stringere ed abbracciare… chissà che sofferenza! Come lo avrebbero voluto trattenere ancora con sé, tra di loro, per condividere, per parlare, per sentirsi aiutati e sostenuti. Il brano degli Atti degli apostoli ce li presenta col volto rivolto in su, verso il cielo, quasi a trattenere con lo sguardo Gesù che se ne andava.

Sì, Gesù se ne andava. Se ne andava presso il Padre; e se ne andava per tutti noi. Non se ne andava solo per sé, se ne andava anche per noi. Egli aveva detto: “Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Vado a prepararvi un posto. Là dove sono io voglio che siate anche voi” (Gv 14, 1-3). E san Paolo commenta con un ardire inaudito, un ardire che gli poteva venire solo da una rivelazione: “Noi, in Gesù asceso al cielo, siamo già anche noi sedenti in cielo, siamo con-sedenti con lui, con Gesù, presso il Padre”. (Ef, 2,6). In un modo a noi misterioso, ma vero, Gesù è l’àncora dell’umanità gettata in cielo presso Dio; quando l’àncora di una nave è gettata nel porto, ormai tutta la nave è nel porto, è come se fosse giunta al porto. Noi, in Gesù presso il Padre, siamo presso il Padre; Gesù, primo di tutti noi, vuole riunirci e portarci là dove egli già è, presso Dio; a salvezza.

Il nostro essere ascesi con Gesù presso il Padre è “un già e non ancora”; è un “già” in Gesù, e un “non ancora” per il cammino che ci resta ancora da fare e da compiere.

Ma c’è una sorpresa! Quel Gesù che è asceso al cielo non è solo in cielo ad aspettare che noi compiamo il tratto di cammino che ancora ci manca, ma è sul nostro cammino, è a fianco di noi nel cammino, cammina con noi.

Questa fu l’esperienza degli apostoli, esperienza straordinaria e bellissima. La finale del brano evangelico ce la conferma; ci ha detto: “Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi, gli apostoli, partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano”. Gli apostoli, senza Gesù, asceso al cielo, avevano Gesù con sé, lo avevano nel loro operare, nel loro agire, nel loro predicare il Vangelo, nel loro vivere.

Gesù risorto e asceso al cielo viveva ormai in una dimensione nuova, celeste, divina, libera e non più costretta e imprigionata entro i limiti dello spazio e del tempo; era con i suoi apostoli là dove essi erano: a Gerusalemme, in Samaria, ad Antiochia, in Macedonia, in Grecia, a Roma… ed era con loro sempre, di giorno, di notte, in estate, in inverno, col bel tempo, col brutto tempo, sempre, in ogni momento! Ed essi lo vedevano all’opera nel loro agire, in ciò che accadeva attorno a loro, nella tanta gente che si convertiva, nella forza e nella costanza che essi provavano dentro di sé pur in mezzo a travagli, a fatiche, a persecuzioni e a insuccessi. Gesù era con loro!

Il Gesù di allora è il Gesù di sempre, è il Gesù anche di oggi. Anche oggi egli è il Gesù asceso al cielo e il Gesù con noi, sul nostro cammino. Se stiamo attenti, se prestiamo attenzione, vediamo tante cose in noi e attorno a noi che portano il segno suo, che non accadrebbero senza di lui, senza la sua forza, senza la sua grazia, senza la sua luce, senza il suo amore. Un esempio: una settimana fa sono andato a fare visita ad una persona paralizzata da anni in seguito ad un ictus. È in carrozzella, bisognosa di tutto. Mi disse: “Questa mia situazione mi ha fatto capire di più quanto grande dovette essere la sofferenza di Gesù in croce; non chiedo di guarire. Offro tutto per la stabilità e la perseveranza del matrimonio dei miei figli”.

Ho pensato: Gesù è ancora vivo oggi, è dentro la storia di oggi, perché un uomo ammalato possa parlare così. Ma quanti esempi anche voi, ciascuno di voi potrebbe portare, sia personali, sia di persone e di fatti a voi noti e conosciuti.

Celebriamo con gioia la festa dell’ascensione di Gesù al cielo, pensiamo al nostro “già e non ancora”, pensiamo a Gesù in cielo, e, al tempo stesso, accanto a noi qui sulla terra.

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