5^ domenica del Tempo ordinario

Raffaello Sanzio – Pesca miracolosa – 1515-1516

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(Is 6,1-2°.3-8; 1Cor 15,1-11; Lc 5,1-11)

Sabato 5 febbraio 2022, risalente a sabato 9 febbraio 2013

Chi è Dio, e chi siamo noi di fronte a lui? Questa domanda ci è presente nel fondo della coscienza, ma non sempre forse in maniera sufficientemente viva ed efficace, così da determinare e da dare significato, spessore e qualità ad ogni nostro comportamento e ad ogni nostro momento di vita. Chi è Dio? E chi siamo noi di fronte a lui?

La prima lettura che abbiamo ascoltato, tolta dal libro di Isaia, e il Vangelo, ci danno la risposta. Dio, ci ha detto Isaia, è il santo, il tre volte santo. I serafini attorno a lui proclamano “santo, santo, santo”. “Santo, in ebraico, si dice “qadòsh” (קָדושׁ) e “qadòsh” deriva dal verbo “qadàsh” (קָדַשׁ), che significa “ritagliare fuori, mettere da parte, separare”. Dio è il “ritagliato fuori”, è il diverso da noi, è colui che siede su di un alto trono, attorniato da serafini, “angeli brucianti” (“saràf” שָׂרַף in ebraico vuol dire bruciare); i serafini attorno a Dio formano come un cerchio, un cordone di fuoco che all’uomo non è possibile oltrepassare, pena il morire, pena il bruciarsi.

Il Dio descritto da Isaia è un Dio oltre l’uomo, inaccessibile, totalmente diverso dall’uomo, un Dio-mistero. E tuttavia Dio è un Dio vicino, perché i lembi del suo manto riempiono il tempio di Gerusalemme in cui si trova Isaia, ne fanno vibrare le porte; Dio parla all’uomo, ad Isaia, e gli fa udire la sua voce, lo invia in missione.

Dio è il Dio trascendente ed immanente, il Dio lontano e vicino, il Dio assente e presente, il Dio mistero, che però si rivela. Dio è diverso dall’uomo, e insieme, è accanto all’uomo.

Di fronte al Dio tre volte santo Isaia scopre la sua indegnità e si sente peccatore. “Ohimè! – egli esclama – io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono”. Le labbra, per un profeta, erano l’organo fisico più importante, perché era con le labbra e con la bocca che un profeta esercitava la sua missione. Avere le labbra impure era come dire, per Isaia: “sono tutto impuro, sono profondamente peccatore”. Ecco chi è l’uomo di fronte al Dio tre volte santo: un peccatore.

Anche il Vangelo, presentandoci il miracolo della pesca miracolosa, ci mette davanti un Dio simile a quello descritto da Isaia. Dio è presente in Gesù, e Gesù ha le caratteristiche del Dio di Isaia. Gesù è profondamente diverso dagli uomini e insieme è vicino agli uomini. Egli è capace di far affluire nella rete di Pietro e degli apostoli una quantità enorme di pesci; egli è il Signore del creato, è colui che comanda agli eventi e alla natura e tutto gli obbedisce, è il diverso da noi; e insieme egli è il “vicino” a noi, è il “con noi”: egli si fa prestare una barca da Pietro, entra in quella barca, condivide il momento difficile di vita di Pietro e degli altri apostoli, agisce ed opera nel loro momento di vita portando salvezza.

Di fronte a Gesù Pietro si sente peccatore ed esclama: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore”. Anche qui l’uomo si sente peccatore. Davanti a Dio l’uomo è così, è un peccatore.

E come risponde Dio all’uomo peccatore? Risponde perdonandogli il peccato. Dio per mezzo di un serafino purifica con un carbone ardente le labbra di Isaia e lo invia a portare la sua parola; Gesù dice a Pietro: “Non temere; piuttosto va a pescare, cioè a salvare, uomini; ti mando io”.

Dio è “Sua Maestà”, è il Dio “altro” da noi, l’uomo non lo può trattare con troppa disinvoltura. Sì, Dio è nostro Padre, ma è “Sua Maestà”, è un Dio infinito, è un Dio santissimo, è il Dio che ha creato tutto e che tutto sostiene nell’essere; è il Dio eterno che esiste da sempre; egli tiene in mano i secoli e la storia; non può essere trattato con poco riguardo. Alle volte la nostra preghiera è così biascicata, così meccanica… eppure stiamo parlando a lui, a Sua Maestà. Passiamo, nelle nostre giornate, ore senza pensare a Dio, senza ricordarci di lui, eppure in ogni istante noi siamo e ci muoviamo al cospetto di Sua Maestà. Facciamo forse troppo poco conto di Sua Maestà! Egli ci parla, ci fa giungere la sua voce, e noi in poco tempo la dimentichiamo quella voce; eppure era la voce di Sua Maestà!

Noi siamo davanti a lui peccatori, grandi peccatori. Non abbiamo abbastanza il senso di Dio-Maestà, e non abbiamo abbastanza il senso di quanto siamo peccatori. “I miei peccati sono più numerosi dei capelli del mio capo”, dice un salmo (Sal 40,13); e un altro salmo dice: “Nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre” (Sal 51,7); il che vuol dire: sono peccatore fin dal primo istante in cui esisto; la mia radice, il mio essere, è intriso di peccato. Non sono peccatore perché pecco, ma pecco perché sono peccatore. Sono profondamente peccatore. Sono continuamente perdonato da Dio, perché ricorro continuamente a lui, ma sono continuamente peccatore davanti a lui.

Fra pochi giorni inizieremo la Quaresima, tempo santo e propizio di conversione. Viviamolo recuperando tanto il senso di Dio-Maestà, per trattare Dio come si conviene, come è giusto, come è doveroso, come egli merita. Via ogni sciatteria, ogni grossolanità, ogni poca riverenza, ogni fretta, ogni superficialità, ogni leggerezza, ogni abitudinarietà e meccanicismo nel trattare con Dio. Trattiamo Dio e rapportiamoci a lui con grande rispetto, con grande riverenza, con profondo spirito di venerazione e di adorazione.

E viviamo la Quaresima con un profondo senso del nostro peccato, per desiderare di esserne liberati, per lottare decisamente contro di esso, per accostarci con frequenza e con fede al sacramento della Penitenza che ci libera dal peccato e dal male che ci portiamo dentro, facendoci nuove creature.

Siamo negli ultimi giorni di carnevale; c’è chi ne fa i giorni di uno sfrenato divertimento; noi possiamo farne la vigilia della Quaresima, per affrontare e definire un programma generoso di impegno di vita cristiana.

Don Giovanni Unterberger

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