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(Sap 18,6-9; Ebr 11,1-2. 8-19; Lc 12,32-48)
Sabato 6 agosto 2022, risalente al 10 agosto 2013
Con questo Vangelo Gesù ci invita a una cosa molto importante, ad un atteggiamento dello spirito che è decisivo per la nostra sorte eterna, e che tuttavia, pur essendo importante, rischia di rimanere, di fatto, lontano dal nostro orizzonte di vita quotidiana, rischia di rimanere dimenticato e assente.
L’atteggiamento a cui Gesù ci richiama è la vigilanza. “Siate pronti -egli dice- con la cintura a i fianchi, con le lucerne accese. Rimanete svegli, désti, pronti ad aprire la porta al padrone, al Signore, quando dovesse arrivare e bussare alla porta del vostro cuore, della vostra vita. Rimante svegli di giorno e di notte, sempre; anche a mezzanotte, anche prima dell’alba, sempre: désti tutto il giorno e tutta la notte! Désti e non assopiti, non addormentati”.
La vigilanza è necessaria perché è in previsione una visita. Una visita importante, grande, straordinaria, più grande della quale un’altra visita non c’è, perché è la visita del Signore. Ciascuno di noi sarà visitato dal Signore. Alla porta della nostra vita un giorno busserà il Signore. Dobbiamo essere pronti ad aprirgli e ad accoglierlo subito.
Il nemico della vigilanza è l’immersione piena e totale nelle cose di quaggiù. Le cose di quaggiù tendono a catturarci, a legarci a sé, ad imprigionarci, ad ipnotizzarci, per così dire. O meglio, non sono le cose che tendono ad imprigionarci; siamo noi portati a considerarle così necessarie e importanti, da legarci ad esse ed occuparci solo, o troppo, di esse, perdendo di vista l’orizzonte completo della vita, che non è limitato e ristretto alla vita di quaggiù, ma è aperto e spalancato sull’eterno, sull’immenso, sull’infinito.
Il servo della parabola aveva perduto questa apertura di orizzonte, e pensava unicamente a mangiare, a bere, ad ubriacarsi delle cose di questo mondo, arrivando fino a trattare male i servi a lui sottoposti; aveva scordato la vigilanza, e non teneva in conto che il suo padrone sarebbe tornato.
“Credo nella vita e terna e nel mondo che verrà”, diciamo ogni volta che recitiamo il “Credo”. Con questa formula di fede noi esprimiamo la certezza di una vita oltre questa vita; esprimiamo la certezza che il mondo in cui ora siamo è aperto ed orientato ad un altro mondo. Con questa formula di fede noi relativizziamo la vita di quaggiù, con le sue gioie e i suoi dolori; la riconosciamo come tempo e momento di passaggio, in cui non affondare del tutto le radici, perché le nostre radici sono fatte per affondare in un altro “tempo”, in un altro “luogo”: l’eternità.
Il pensiero di una vita oltre questa vita, e la convinzione che quella vita, la vita futura, è la vita per cui siamo fatti, non deve svalutare la vita terrena di qui. Al contrario, le deve dare importanza e significato grande. La vita di quaggiù prepara la vita di lassù, quella definitiva: ogni scelta, ogni azione, ogni parola, ogni comportamento che assumiamo quaggiù tocca, plasma, configura, costruisce la vita di lassù. La visita del Signore troverà ciò che quaggiù abbiamo fatto, vissuto, compiuto.
Grande dev’essere, quindi, la nostra responsabilità di fronte ad ogni nostro istante di vita; grande dev’essere la cura di ogni nostro e parola; nulla è indifferente. Su tutto dobbiamo vigilare. Ecco una forma di vigilanza che ci è tanto necessaria, per non vivere da assopiti, per non considerare banale e di poco conto quello che invece ha ripercussione e conseguenza di eternità. Dobbiamo essere désti, presenti e vivi in tutto ciò che facciamo, perché tutto ha ripercussione e conseguenza di eternità; tutto, proprio tutto. E’ quanto mai salutare e benefico tenere questa vita nell’orizzonte dell’altra vita!
Un ulteriore aspetto della vigilanza che ci è necessario, è la vigilanza su noi stessi, sui nostri sentimenti, sui nostri istinti, sui nostri impulsi, sui nostri desideri, sulle nostre passioni, così che tutto sia fatto bene, tutto sia tale da poter entrare nell’eternità beata che speriamo di raggiungere; tutto sia conforme e gradito al Signore che verrà, che ci farà visita e con cui ci incontreremo.
Gesù ci ha detto: “Beati quei servi che il padrone al suoi ritorno troverà svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli”. Gesù ci servirà per tutta l’eternità. Vale la pena allora vigilare perché la nostra vita sia buona, sia santa, sia conforme al Signore. “Vegliate, vigilate, siate dèsti, per l’incontro!”
don Giovanni Unterberger