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(Dan 7,9-10. 13-14; 2Pt 1,15-19; Mt 17,1-9)
Domenica 7 agosto 2022, risalente al 13 agosto 2017
Il celebre regista Pier Paolo Pasolini realizzò, nell’anno 1964, un film su Gesù: ‘Il Vangelo secondo Matteo’. In fase di preparazione dell’opera, egli consultò a più riprese don Lorenzo Milani per avere da lui consigli sul lavoro che andava facendo; in particolare su come presentare la figura di Gesù.
“Gesù era Dio, e insieme era uomo -gli disse don Milani- deve apparire anche l’umanità di Gesù. Ad esempio, quando Lei presenterà Gesù fanciullo, potrebbe ritrarlo mentre è in sinagoga ad imparare la Sacra Scrittura insieme ai suoi compagni. Riprenda la scolaresca di spalle. Chi assiste al film deve sapere che tra quei ragazzi c’è Gesù, ma non riuscire a individuarlo precisamente. Gesù, infatti, si è fatto uomo come noi, si è fatto in tutto simile a noi”.
Tale indicazione di don Milani, che certo credeva alla divinità di Cristo, era perfettamente in linea con quanto dice san Paolo nella lettera ai Filippesi: “Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6-7). L’apostolo Paolo dice che Gesù, pur essendo Dio, incarnandosi, rinunciò alle prerogative proprie di Dio, quali la gloria, lo splendore, l’onnipotenza, l’onniscienza, il non essere soggetto ai limiti e ai bisogni della natura umana. Si fece totalmente uomo. E difatti i Vangeli ce lo presentano così, bisognoso di cibo, di riposo, di camminare per spostarsi; impegnato in relazioni umane ora positive e sciolte, ora difficili e conflittuali; soggetto alla fatica, alla sofferenza del sentirsi incompreso, alla gioia di vedersi accolto e seguito.
Così dovettero coglierlo gli apostoli. Ma quali dovettero essere la sorpresa e lo stupore di Pietro, Giacomo e Giovanni il giorno in cui Gesù sul Tabor si manifestò nella sua gloria! “Fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti diventarono candide come la luce”. La divinità di Gesù si mostrò loro; ciò che in Gesù c’era, e ciò che la sua umanità celava, si fece loro manifesto. Gesù apparve bellissimo!
Ma subito dopo tutto scomparve. Gesù tornò quello di prima, quello di sempre; e la fede degli apostoli dovette riprendere fortemente ad esercitarsi: credere che nell’umanità di quell’uomo era presente la divinità; sia pure nella più comune quotidianità di ogni giorno; anche nell’orto degli ulivi, quando Gesù fu arrestato e catturato; anche sulla croce, quando, trafitto, spirò.
La fede fa vedere oltre. E’ la sfida per noi, per la nostra fede. Fede che ci fa vedere nelle persone dei figli di Dio, abitazione del Signore. Magari abitazioni un po’ sconnesse e disastrate, ma pur sempre abitazioni di Dio. Fede che ci fa vedere negli avvenimenti, lieti e tristi, un disegno che si dipana, che si svolge a nostro bene e salvezza, perché tenuto nelle mani da Dio, che ci è padre e ci vuole bene. Fede che riscatta ogni grigiore, e che dà ad ogni istante del tempo un valore grande, perché ogni istante è l’occasione che ci è data per amare, per servire, per fare della nostra vita qualcosa di prezioso, di speciale. Fede che ci dice: Dio è qui; Dio è con me.
Gli apostoli videro Gesù trasfigurato. Ci dia il Signore la grazia di vedere tutto trasfigurato, anche ciò che è nero ed opaco; in attesa di poterlo vedere e godere anche noi, un giorno, come Pietro, Giacomo e Giovanni, nella sua gloria, nel suo splendore, nella sua bellezza in cielo.
don Giovanni Unterberger