
sullo sfondo una rovina ispirata ad una villa di Mecenate a Tivoli – 1635
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(1 Cor 15,1-10; Mc 7,31-37)
Domenica 28 agosto 2022, risalente al 4 agosto 2013
“Ha fatto bene ogni cosa”; che bella questa lode che la gente tributava a Gesù! Fare bene ogni cosa: è un programma di vita! Fare bene ogni cosa, una dopo l’altra; ogni cosa fatta bene, fatta con cura, con diligenza, con attenzione a ciò che si fa, con amore; senza fretta, senza inquietudine; non per abitudine, non per obbligo, non per costrizione; ma per fare il bene, per fare tutto bene! Ogni cosa fatta bene: che bell’impegno, e quanta gioia nel vivere così!
Alle volte siamo nervosi, insoddisfatti, scontenti proprio perchè non abbiamo fatto bene le cose; perché non eravamo in esse mentre le facevamo; perché non abbiamo messo tutto noi stessi, il meglio di noi, mentre le facevamo.
“Ha fatto bene ogni cosa”. Gesù faceva bene le cose, le faceva unito al Padre, e per amore alle persone. Ecco il segreto e il modo giusto per fare bene le cose; compierle con Dio, per Dio, uniti a Dio, e in servizio ai fratelli. Fatte con Dio e in servizio ai fratelli, le cose acquistano il loro vero e profondo significato, diventano risposta e compimento di quello che noi siamo; siamo infatti fatti per Dio e per i fratelli. Fatte così, le cose ci fanno felici, ci fanno contenti.
La gente disse di Gesù: “Ha fatto bene ogni cosa” a seguito di un miracolo che egli compì: aveva guarito un sordomuto. Notiamo il luogo in cui Gesù operò tale miracolo; si trovava nel territorio della Decapoli, dice Marco. La Decapoli (deka pòleis = dieci città) era il territorio pagano ad est del lago di Tiberiade, ove sorgevano dieci città; città pagane, abitate da pagani; il sordomuto guarito da Gesù, dunque, doveva essere un pagano. Gesù fece del bene anche in terra pagana. Facciamoci una domanda: c’è in noi ancora un po’ di terra pagana? C’è nella nostra vita, nel nostro modo di essere, di fare, qualcosa che ancora non è ”cristiano”, non è di Cristo, non è di Dio?
Come sono, ad esempio, il nostro udire, il nostro parlare? Sono cristiani, o ancora un po’ pagani? Quando fummo battezzati il sacerdote, dopo aver versato sul nostro capo l’acqua, compì il rito del cosiddetto “effatà”; cioè ci toccò gli orecchi e la bocca col dito, proprio come fece Gesù col sordomuto, e disse: “effatà”, cioè “apriti”. Quel gesto era un gesto santo, che voleva aprire i nostri orecchi e le nostre labbra ad un modo “cristiano” di udire e di parlare.
Ode e ascolta in modo “cristiano” colui che ascolta Dio, colui che ascolta ciò che Dio ha detto e ha rivelato al mondo nella persona di suo Figlio, incarnato per noi. Modo “cristiano” di ascoltare è quello di colui che resta aperto alle ispirazioni dello Spirito Santo; ispirazioni alla voce della coscienza, che ci dice ciò che è bene e ciò che è male; aperto alla voce della Chiesa, che ci tiene e ci conserva nella verità.
Modo “cristiano” di ascoltare è quello di colui che ode e ascolta le necessità dei fratelli, siano esse di carattere materiale o di carattere spirituale. Quanto bisogno c’è nel mondo di ascolto! Di persone che sappiano fermarsi con gli orecchi aperti, col cuore aperto, a fare spazio, ad accogliere, a dire: “sono qui per te, ho tempo per te; parlami, che sto attento a te, che ho cura di te, che ti ascolto”. Il Verbo di Dio, il Figlio di Dio, è venuto al mondo e si è incarnato perché ha udito ed ha ascoltato il grido dell’umanità sofferente e perduta. Che ne sarebbe stato dell’umanità senza quell’ “ascolto” buono e salvifico? Anche il cristiano dev’essere “ascolto”.
E poi il cristiano dev’essere “parola cristiana”. Proferisce parole “cristiane” colui che parla come parlerebbe Cristo; colui che ha così profondamente assimilato il pensiero di Cristo, il suo modo di vedere le cose, che quanto dice è la verità di Cristo; verità di Cristo detta con carità, con mitezza, con dolcezza; con la stessa carità, mitezza e dolcezza di Cristo. Cristo ha parlato, ha parlato al cuore degli uomini, ha detto all’uomo le parole di Dio. Oggi Cristo vuole parlare attraverso le labbra dei cristiani. Noi dobbiamo essere “parola cristiana”.
Ecco allora la domanda: “ho orecchi e labbra cristiane?” – “Un po’ sì, e un po’ no”, può essere la nostra risposta. Abbiamo con noi il medico capace di guarirci dalla nostra sordità e mutismo; abbiamo Gesù che può trasformare i nostri orecchi e le nostre labbra da “pagane” in “cristiane”. Andiamo a lui, stiamo con lui, chiediamogli che ci tocchi orecchi e labbra; che pronunci anche su di noi la salutare miracolosa parola “effatà”, apriti, così che possiamo essere persone di comunicazione vera, profonda e santa in mezzo al mondo.
don Giovanni Unterberger