29 domenica del Tempo Ordinario

Nicolas Poussin – La battaglia di Giosue’ contro gli Amsleciti – 1625 ca

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(Es 17,8-13; 2Tim 3,14-4,2; Lc 18,1-8)

sabato 15 ottobre 2022, risalente al 19 ottobre 2013

“Lei prega nella sua vita? La Sua preghiera è fatta bene?”

Sono domande, queste, che non è facile riuscire a farci gli uni gli altri, per un certo pudore che abbiamo riguardo all’ambito della fede e della vita spirituale, ma che ci sarebbe molto utile, di tanto in tanto, sentirci fare.

Com’è la mia preghiera? Quanta è la mia preghiera?

Sulla preghiera sono stati scritti trattati numerosissimi; scrittori e santi hanno riempito libri su questo argomento; e a ragione, perché la preghiera è qualcosa di importante, di necessario, di essenziale per la vita dell’uomo.

Il Vangelo ci ha detto che Gesù raccontò la parabola della vedova insistente per affermare “la necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”. Notiamo: “Gesù parla di “necessità” di pregare sempre, non di semplice “utilità”, o di semplice “convenienza” di pregare sempre, ma di “necessità”.

La preghiera ci è necessaria. È stata definita “il respiro dell’anima”. Senza respiro il corpo muore, senza preghiera la vita spirituale muore. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori dice: “Chi prega si salva, chi non prega si danna”. San Tommaso Moro dice: “Credo che la preghiera non è tutto, ma che tutto deve cominciare dalla preghiera, perché l’intelligenza umana è troppo corta e la volontà dell’uomo è troppo debole; perché l’uomo che agisce senza Dio non dà mai il meglio di sé”. Un antico padre del deserto esortava così i suoi discepoli: “Non fare nulla senza pregare, e non avrai rimpianti”. La preghiera dà qualità alla vita; la fa crescere, la fa più buona e più santa.

Le letture bibliche che abbiamo ascoltato ci richiamano e vogliono renderci sicuri dell’importanza e dell’efficacia della preghiera.

L’esercito di Giosuè è giù nella pianura. Ha davanti a sé un esercito, gli Amaleciti, che gli sbarrano la strada e non vogliono lasciarlo arrivare alla Terra promessa. Giosuè vorrebbe evitare lo scontro, ma non gli è possibile: deve affrontare il nemico. Mosè sale sul monte a pregare, ad implorare Dio, a chiedere l’aiuto per Giosuè e per i suoi soldati; e il testo dice che quando Mosè alzava le braccia verso il cielo, Israele prevaleva, e quando le lasciava cadere, stanco, prevalevano gli Amaleciti. Mosè riuscì a tenere alte le mani in preghiera fino al tramonto, aiutato da Aronne e da Cur, e alla fine della giornata Giosuè sbaragliò gli Amaleciti.

Il messaggio è chiaro: nelle nostre battaglie della vita spirituale la preghiera è determinante. Ci illudiamo di vincere i nostri difetti, le nostre cattive inclinazioni, i nostri peccati, senza preghiera, senza supplica, senza ricorso a Dio. Partiamo, spesso, con buona volontà a combattere e a contrastare i nostri difetti; usciamo dal confessionale dicendoci: “sarò più paziente; sarò più misericordioso; sarò più casto…”. Bene; ma non sarebbe bene perfetto se noi pensassimo di affrontare da soli, con la nostra buona volontà e con le nostre forze, queste battaglie. Dovremmo uscire dal confessionale dicendoci: “pregherò di più; domanderò al Signore e implorerò da lui la pazienza la misericordia, la castità, perché solo se pregherò di più, solo se domanderò di più queste virtù, le avrò da Dio; io non sono capace di darmele, di conquistarmele; vi ho provato tante volte e con pochi e scarsi risultati; è il Signore che mi fa santo, se io lo prego!”

Satana è più intelligente di noi; egli ci conosce molto bene, conosce i punti deboli di ciascuno. Uno è particolarmente incline alla superbia; un altro è particolarmente incline all’avarizia; un altro ancora è particolarmente incline alla lussuria, e così via…, e Satana ci tenta particolarmente sul nostro punto debole; ma c’è una tentazione che egli riserva a tutti e da cui non risparmia nessuno; e che anzi è la tentazione “prima” che egli ci sferra, prima ancora di tentarci ciascuno sul proprio punto debole: è la tentazione a lasciare la preghiera, a pregare poco, a non pregare. Perché egli sa che, se non preghiamo, siamo sua facile e sicura preda; egli sa che con poco riuscirà a vincerci.

Pregare può costare; può essere facile stancarsi e desistere dal pregare; Mosè sentì a un certo punto le sue mani pesare e fu tentato di lasciarle cadere. Occorre perseverare nella preghiera; occorre insistere e non venire meno, così come insistette e non venne meno la preghiera della vedova del Vangelo, che alla fine ottenne quanto chiedeva.

Pregare può sembrare poco produttivo. Alle volte si sente dire: “Perché i monaci, le monache, non escono dai loro monasteri, con tutto il bisogno che c’è di persone che annuncino il Vangelo e che si prendano cura dei poveri, dei bisognosi?” La preghiera ha un’efficacia misteriosa che non sempre è immediatamente verificabile, ma che è reale. Potrebbe forse Gesù averci chiesto di pregare, se pregare fosse inutile?

La preghiera preme sul cuore di Dio, e misteriosamente sul cuore degli uomini. La preghiera compie miracoli. San Giovanni Crisostomo parlando della preghiera dice: “L’uomo che prega ha le mani sul timone della storia”. E il Mahatma Gandhi disse: “La preghiera non è un ozioso passatempo per vecchie signore; propriamente intesa e applicata, è lo strumento d’azione più potente”. “Certo bisogna imparare a pregare – diceva Santa Teresa d’Avila – e a pregare si impara pregando, come a camminare si impara camminando”.

Concludiamo.

Queste riflessioni, e questa Liturgia, ci diano un nuovo, più convinto e più generoso slancio di preghiera.

don Giovanni Unterberger

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