Mercoledì Santo

Andrea Mantegna – Cristo morto – 1480

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(Mt 26,14-25)

“In quel tempo, uno di Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: ‘Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?’ E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo. Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: ‘Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?’ Ed egli rispose: ‘Andare in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te don i miei discepoli’. I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano disse: ‘In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà’. Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: ‘Sono forse io, Signore?’ Ed egli rispose:ç ‘Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!’. Giuda, il traditore, disse: ‘Rabbì, sono forse io?’ Gli rispose Gesù: ‘Tu l’hai detto’ “.

Col procedere dei giorni di questa santa settimana, il buio e il tradimento attorno a Gesù si fa sempre più grande. Lunedì abbiamo sentito Giuda criticare il gesto di affetto di Maria che unse i piedi di Gesù; ieri abbiamo sentito dire di lui che a breve egli sarebbe stato il traditore; e oggi ci è stato raccontato che Giuda, uscito dal cenacolo, andò dai sommi sacerdoti a contrattare  la consegna del Signore per trenta denari.

Ma Giuda non era tutto il buio attorno a Gesù; c’era anche il buio degli altri apostoli che avrebbero, tutti, abbandonato il Maestro; e c’era il buio dei farisei e dei sommi sacerdoti che, per odio, lo avrebbero condannato e portato a morire.

In mezzo a questo buio così fitto sta Gesù. Egli dice: “Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”. Gesù vuole celebrare la Pasqua, vuole consegnare se stesso nel pane e nel vino consacrati prima ancora che lo prendano e lo mettano in croce, per indicare che egli si dà spontaneamente e si consegna in assoluta e piena libertà. E’ la libertà dell’amore, che ama senza condizioni, e anticipando.

Le parole “Farò la Pasqua da te” Gesù dovette rivolgerle ad una persona di Gerusalemme che conosceva, forse un suo ammiratore, forse un suo discepolo. Ma queste parole egli le dice anche a noi. “Farò la Pasqua da te”. Da te. “Proprio da me”, può dire ciascuno di noi. Gesù vuole fare la Pasqua da me!

Il sentirsi scelti, il sentirsi amati è il segreto che conquista. Il nostro cuore e la nostra vita non sono degni della Pasqua del Signore; tanti difetti, tanti egoismi, tante passioni non tenute a freno non rendono il nostro cuore e la nostra vita una “sala grande, addobbata, al piano superiore”, come l’evangelista Luca descrive il cenacolo (Lc 22,12). Ma che importa? Se Gesù avesse cercato cuori e vite degne di lui, sarebbe dovuto rimanere sempre e solo in Cielo…! Egli è venuto proprio per stare in mezzo agli uomini peccatori. “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”, egli ebbe a dire. “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9,12-113).

Gesù sarebbe stato disposto a celebrare la Pasqua anche nel cuore di Giuda, perché non c’è uomo così perduto, così messo male dentro di sé, che per Gesù non possa essere il suo cenacolo, la sua stanza di Pasqua. “Io sto alla porta e busso”, dice il Signore nel libro dell’Apocalisse. “Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui e cenerò con lui ed egli con me” (Apoc 3,20).

Apriamogli la porta! “Ma… troverà dentro di tutto”, ci viene da dire; “troverà dentro tanta confusione, tanto sporco, tanto disordine… Apriamogli la porta! Egli ci chiede di entrare. Egli ha già scorto nel nostro cuore l’amore per lui, l’impegno e lo sforzo di volergli bene. Egli vede e conosce la nostra debolezza, ma vede anche il nostro desiderio di virtù.

E la nostra povertà, unita al buon desiderio, gli fanno dire, per amore: “Voglio fare la Pasqua da te”. Proprio da te!

Don Giovanni Unterberger

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