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(Ez 33,7-9; Rm 13,8-10; Mt 18,15-20)
Sabato 9 settembre 2023, risalente al 6 settembre 2014
Gesù ha detto in modo categorico e chiaro: “Non giudicate” (Mt 7,1). Questo “non giudicate” vale per le persone, non per i comportamenti delle persone. I comportamenti delle persone possono essere giudicati; io posso e devo poter dire: se quella persona ha rubato, ha fatto una cosa cattiva; se ha ucciso, ha compiuto un gesto contro la legge di Dio; se è mancata di fedeltà al matrimonio, ha compiuto qualcosa che è male. I comportamenti li posso e devo giudicare, altrimenti non potrei più dire cosa è bene e cosa è male, in base alla legge di Dio.
Sono le persone, invece, che Gesù mi chiede di non giudicare, perché nessuno ha il metro, se non Dio solo, di scendere fino nel profondo del mistero del cuore dell’uomo, e dare un giudizio equo, giusto, rispondente a verità.
Il non giudicare le persone non è però in contrasto con quello che il Vangelo di oggi ci invita a fare, e cioè esercitare tra noi la correzione fraterna. Abbiamo sentito: “Se il tuo fratello commette una colpa contro di te, va e ammoniscilo fra te e lui solo; se non ti ascolterà, prendi una o due persone; se poi non ascolterà neppure costoro, dillo alla comunità”. L’invito di Gesù è chiaro; è chiaro in due direzioni.
Prima direzione. Tu hai visto che un tuo fratello, una tua sorella, una persona, ha commesso qualcosa di male, qualcosa di sbagliato, ha avuto un comportamento cattivo? tu, senza giudicare lei, la persona, cerca di aiutarla a correggersi. Il tuo intervento è amore, il tuo intervento è cura di quella persona. Se nessuno la aiuta a ravvedersi, a ritornare al bene, più difficilmente ella riuscirà a farlo. Con l’aiuto di un’altra persona le risulterà più facile. Certo, la tua correzione dovrà essere fatta con dolcezza, con delicatezza, con umiltà e solo per amore, solo per il desiderio di compiere un servizio a quella persona, solo perché le vuoi bene e perché desideri il suo bene.
Anche il profeta Ezechiele nella prima lettura ci ha richiamati a questo dovere. Ci ha detto che dobbiamo essere “sentinelle” gli uni degli altri. A ciascuno deve stare a cuore il bene del prossimo, la salvezza eterna dei fratelli, e quindi dobbiamo impegnarci per il bene di tutti, specialmente di chi avesse commesso qualche errore. E’ dovere dei genitori nei confronti dei figli, dei coniugi tra di loro, degli insegnanti nei confronti degli alunni, del sacerdote nei confronti del suo popolo; ma anche di ogni persona nei confronti di ogni altra persona. Occorrerà scegliere il modo più adatto per correggere, con intelligenza e con carità. E se non ci è possibile altro modo, almeno con la preghiera.
La seconda direzione in cui si rivolge l’insegnamento di Gesù a riguardo della correzione fraterna, è la scansione delle tappe secondo cui essa deve essere fatta. Dapprima -dice Gesù- parla tu stesso con la persona interessata; poi eventualmente coinvolgi altre due o tre persone che ti aiutino; e infine, come terzo passo, coinvolgi tutta la comunità. Non si devono invertire le tappe; non si deve mettere la seconda avanti alla prima, o la terza avanti alla seconda. Ma prima la prima tappa, poi la seconda, e infine la terza.
Cosa succede invece spesso? Che, vista una persona comportarsi male, se ne parla male con altri, si commenta con terzi, e non si va dalla persona da cui si dovrebbe andare; si ha paura di farlo, non si ha il coraggio di farlo. Ma allora a che cosa serve parlarne con altri, per criticare? Si viene meno a un dovere di carità verso la persona che ha bisogno di essere corretta, e in più si lacera il tessuto comunitario, si semina zizzania che rovina i rapporti e non porta altro che male.
Papa Francesco è fortissimo nei confronti delle chiacchiere; sono numerosissimi, in questo suo anno e mezzo di pontificato, gli interventi contro il parlare male gli uni degli altri. Nell’Udienza generale di mercoledì scorso ha definito le chiacchiere “opera del diavolo”, “grave peccato”, “cosa che non si deve fare”.
Che il Signore ci aiuti a volerci più bene; a prenderci cura con amore gli uni degli altri, a correggerci vicendevolmente con bontà, e ad evitare in tutti i modi la critica cattiva e la mormorazione.
don Giovanni Unterberger