28° Domenica del tempo ordinario (forma straordinaria)

(Sap 7,7-11 ;  Ebr 4,12-13 ;  Mc 10,17-30)

 

Duomo di Belluno, sabato 10 ottobre 2015

Essere stolto non piace a nessuno. Tutti desideriamo essere saggi, avveduti, sapienti. La sapienza e la saggezza sono appannaggio degli anziani, dei vecchi; le molte esperienze della vita li hanno aiutati a diventare saggi, li hanno formati alla sapienza. Ma la sapienza è necessaria a tutti, a tutte le età. E’ necessaria anche ai giovani, perché anche i giovani si trovano spesso a dover fare scelte importanti di vita che richiedono sapienza e saggezza.

La prima lettura che abbiamo ascoltato ci ha detto che la sapienza è un dono importante, un dono prezioso, più prezioso della ricchezza, della bellezza e della stessa vita. “La preferii a scettri e a troni – dice Salomone – stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; l’amai più della salute e della bellezza; con lei mi sono venuti tutti i doni”. Conosciamo i sette doni dello Spirito Santo: il primo è la sapienza.

L’uomo del Vangelo non fu sapiente. Egli sentì in cuore una chiamata, la chiamata a qualcosa di grande, di alto, di elevato. Incontrò Gesù e gli chiese: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Quell’uomo già osservava i dieci comandamenti; di fatti, a Gesù che glieli elencò e glieli propose, egli disse: “Maestro, queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Il cuore di quell’uomo desiderava qualcosa di più dei dieci comandamenti, qualcosa di più grande e di più perfetto, ma non fu capace di aderirvi, Aveva bisogno di infinito quel cuore; la grazia di Dio sollecitava quel cuore, ma quell’uomo “possedeva molti beni”, ci ha detto il Vangelo; quell’uomo non fu capace di spogliarsi dei suoi molti beni.

C’è una perla nel racconto che il Vangelo fa di questo incontro. Dice il Vangelo che Gesù, sentita la risposta di quell’uomo: “Ho osservato i comandamenti fin dalla mia giovinezza”, “fissò lo sguardo su di lui e lo amò”. Immaginiamo come sarà stato lo sguardo di Gesù in quel momento… Uno sguardo buono, uno sguardo d’affetto, di predilezione, uno sguardo di fiducia. Gesù avrà sentito che a quell’uomo egli poteva proporre qualcosa di speciale, di grande, di altissimo. Infatti, gli disse: “Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”.

Ma quell’uomo non seppe guardare a quello sguardo; guardò ai suoi molti beni. Non fu capace di vedere negli occhi di Gesù solo amore, solo richiesta e domanda di spogliazione al fine di potergli dare doni più grandi, al fine di potergli dare beni più preziosi e più duraturi. Non colse ciò che negli occhi e nel cuore di Gesù c’era! Guardò ai propri beni.  Non fu sapiente, non fu saggio quell’uomo. E la ricompensa alla sua insipienza fu la tristezza. “Se ne andò rattristato”, dice il Vangelo.

Lo sguardo di Gesù è su di noi. Ma noi sappiamo cogliere quello sguardo? Ci sentiamo guardati dal Signore, o secondo noi Dio è troppo indaffarato, occupato in mille cose, in mille problemi, e quindi con gli occhi rivolti altrove? Sappiamo cogliere negli occhi di Gesù la sua bontà verso di noi, la sua misericordia, il suo invito a una vita buona, sempre più buona? I nostri occhi sono forse molto rivolti alle nostre preoccupazioni, alle nostre difficoltà e problemi, alle nostre giornate, e poco a quegli occhi? Il nostro sguardo guarda troppo alle cose di quaggiù e poco agli occhi di Gesù? Saremmo allora poco saggi, poco sapienti. Gli occhi di Gesù su di noi sono la nostra forza; sono gli occhi di chi ci conosce e ci vuole aiutare; sono gli occhi di chi conosce la nostra strada e ci vuole guidare; sono gli occhi di chi ci ama e ci vuole salvare. Saggezza e sapienza è guardare a quegli occhi!

“Guardate a lui e sarete raggianti”, recita un salmo (Sal 34,6); e un altro salmo dice: “Il nostri occhi sono rivolti al Signore finché di noi abbia pietà” (Sal 123,2). Siamo tutti tanto curvi sulle cose di quaggiù. Dice Dio nel libro del profeta Osea: “Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo” (Os 11,7). Guardiamo al Signore. “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò”, ci ha detto il Vangelo. Guardiamo a quello sguardo, guardiamo a quell’amore; ci farà bene.

don Giovanni Unterberger

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