20° Domenica dopo Pentecoste (forma ordinaria)

(Ef 5,15-21;   Gv 4, 46-53)

Belluno, chiesa di s. Stefano, 11 ottobre  2015

Tra Cafarnao e Cana ci sono circa quaranta chilometri. Il funzionario del re che da Cafarnao salì a Cana, ove in quel momento si trovava Gesù, per chiedere la guarigione di suo figlio ammalato, avrà percorso quei chilometri quasi di corsa. La strada è in salita, ma della salita quel padre non si sarà quasi accorto, preso com’era dalla grazia che aveva in cuore di domandare.

Una volta giunto a Cana, quell’uomo disse a Gesù: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia”. Forse, in preda alla preoccupazione, quel padre non si sarà reso conto di quanto stava esigendo da Gesù. Gli chiedeva di fare quaranta chilometri, a piedi; di mettersi in viaggio improvvisamente, lasciando quanto Gesù stava facendo a Cana.  Gesù a Cana poteva avere i suoi programmi, i suoi progetti da realizzare; domandargli di lasciare Cana subito e scendere a Cafarnao era domandargli molto.

Ma Gesù a quel padre chiese ancora di più: gli chiese la fede, e una fede grande; la fede in una sua semplice parola. Gli disse: “Va’, tuo figlio vive”. Quel padre sarebbe stato molto più contento se Gesù gli avesse detto: “Vengo”, e si fosse messo in cammino con lui verso Cafarnao. Se Gesù gli avesse risposto così e se si fosse messo in cammino con lui verso Cafarnao, quel padre sarebbe stato sicuro che Gesù avrebbe guarito suo figlio; e invece… “Va’, tuo figlio vive”; solo parole. E Gesù continuò a restare a Cana.

Ma quell’uomo credette alla parola di Gesù; si fondò sulla sua parola; affidò alla parola di Gesù la salute, la vita di suo figlio ammalato. La parola di Gesù non lo deluse; la fede di quell’uomo fu premiata. Quell’uomo partì da Cana per tornare a Cafarnao, e per via gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: “Tuo figlio vive! Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato”. Era proprio l’ora in cui Gesù gli aveva detto: “Va’, tuo figlio vive”. La parola di Gesù era stata ‘vera’, non era stata solo ‘parola’, aveva compiuto il miracolo. Quell’uomo credette non dopo aver visto il miracolo, credette senza vedere il miracolo; credette solo sulla parola. E’ la fede pura.

Questa fede pura è richiesta anche a noi. Noi possediamo la Parola di Dio, possediamo, nel Vangelo, la parola di Gesù. Crediamo noi a quella parola? Vi crediamo fermamente? Siamo capaci di affidare a essa la nostra vita, le nostre situazioni, il nostro passato, il nostro presente, il nostro futuro? O dubitiamo ancora? Dubitiamo molto? Abramo era vecchio e si fidò; Maria era vergine e si fidò; gli apostoli non avevano pescato nulla in tutta la notte e si fidarono… Fidarsi della Parola del Signore è la condizione necessaria perché essa possa compiere ciò che dice.

Gesù dice: “Se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile” (Mt 17,20). San Giacomo scrive nella sua lettera: “Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio e gli sarà data. La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all’onda del mare mossa ed agitata dal vento, e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore un uomo che ha l’animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni” (Giac 1,5-8).

La parola di Dio, la parola di Gesù, quando è creduta, opera miracoli; è capace di spostare montagne: montagne di preoccupazioni, montagne di rancori, montagne di paure, montagne di difetti e di peccati, montagne di vizi e di cattive abitudini. Potente, anzi onnipotente, è la Parola di Dio!

Il funzionario del re che quel giorno si recò a Cana da Gesù, e che, fidandosi della parola di Gesù, se ne tornò a Cafarnao con una speranza, la speranza in cuore per il suo bambino, ora è certamente in paradiso. A lui rivolgiamo questa preghiera: “O tu, che hai creduto alla sola parola di Gesù, aiuta anche noi ad avere la tua fede nella parola del Signore. Fa’ che permettiamo anche noi alla parola del Signore di operare nella nostra vita ciò che essa vuole operare a nostra salvezza e a nostra santificazione”.

don Giovanni Unterberger

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