(Num 6,22-27; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21)
1 gennaio 2016
Oggi, 1° gennaio, in tutta la Chiesa cattolica si celebra la giornata mondiale della pace. Tale giornata fu voluta da papa Paolo VI nel 1968, quarantanove anni fa, e da quarantanove anni viene celebrata. Fu fissata al 1° gennaio, il primo giorno dell’anno, con l’auspicio che ogni anno nuovo possa essere un anno di pace. E fu fissata all’interno del tempo di Natale, che ci fa contemplare la nascita di Cristo Gesù, ‘il principe della pace’ (Is 9,5).
In effetti è in Cristo Gesù che il mondo, l’umanità, il cuore dell’uomo può trovare la pace. Gesù ha detto: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27); e san Paolo dice di Gesù: “Egli è la nostra pace” (Ef 2,14). E’ da Dio, è da Cristo Gesù, che può venire al mondo il dono della pace, dono a cui l’uomo deve aprire e disporre il cuore; dono che egli deve chiedere e implorare; dono che egli deve cercare di incarnare nei propri pensieri, nelle proprie parole, nei propri gesti. Dio è il Dio della pace; non c’è pace senza di lui.
Il primo pericolo per la pace -dice papa Francesco nel messaggio inviato per questa giornata- è l’indifferenza verso Dio. Dall’indifferenza verso Dio scaturisce e deriva l’indifferenza verso il prossimo, minaccia per la pace. Citando Benedetto XVI papa Francesco dice: “Esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini sulla terra. Senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace. L’oblio e la negazione di Dio, che inducono l’uomo a non riconoscere più alcuna norma al di sopra di sé e apprendere come norma soltanto se stesso, hanno prodotto crudeltà e violenza senza misura”. La pace tra gli uomini è seriamente minacciata dall’indifferenza verso Dio -nota papa Francesco- perché l’indifferenza verso Dio ha come figlia immediata l’indifferenza verso il prossimo; e l’indifferenza verso il prossimo rovina e compromette la pace.
Nel suo messaggio papa Francesco si sofferma con forza e con acuta analisi sul pericolo dell’indifferenza verso il prossimo che può prenderci tutti. Dice, ad esempio, che si può cadere nell’indifferenza verso il prossimo pur venendo a conoscenza, attraverso i mezzi di comunicazione sociale, dei gravi drammi della società. Dice: “C’è chi è ben informato, ascolta la radio, legge i giornali o assiste a programmi televisivi, ma lo fa in maniera tiepida, quasi in una condizione di assuefazione: queste persone conoscono vagamente i drammi che affliggono l’umanità ma non si sentono coinvolte, non vivono la compassione. Questo è l’atteggiamento di chi sa, ma tiene lo sguardo, il pensiero e l’azione rivolti a se stesso. Purtroppo dobbiamo constatare che l’aumento delle informazioni, proprio del nostro tempo, non significa di per sé aumento di attenzione ai problemi, se non è accompagnato da un’apertura delle coscienze in senso solidale. Anzi, esso può comportare una certa saturazione che anestetizza e, in qualche misura, relativizza la gravità dei problemi”.
Il papa insiste sulla necessità di avere un cuore buono, un cuore ‘di carne’, e non ‘di pietra’ (Ez 36,26); insiste sulla necessità di formarsi un cuore che non resti ‘indifferente’ di fronte ai problemi e alle sofferenze dei fratelli, delle sorelle. Scrive: “Alcune persone vivono il loro benessere e la loro comodità sorde al grido di dolore dell’umanità sofferente. Quasi senza accorgercene, siamo diventati incapaci di provare compassione per gli altri, per i loro drammi; non ci interessa curarci di loro, come se ciò che accade ad essi fosse una responsabilità estranea a noi, che non ci compete. Quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, certamente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai); non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono. Allora il nostro cuore cade nell’indifferenza: mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene” . Il papa mette in guardia dal pericolo della ‘globalizzazione dell’indifferenza’, in questo nostro tempo della globalizzazione.
E mette avanti l’esempio di Gesù. Scrive: “Gesù si identificava con l’umanità. Egli non si accontentava di insegnare alle folle, ma si preoccupava di loro, specialmente quando le vedeva affamate (Mc 6,34-44) o disoccupate (Mt 20,3). Non si limitava a vedere le persone, ma parlava con loro, le toccava, agiva in loro favore e faceva del bene a chi era nel bisogno. Non solo, ma si lasciava commuovere, fino a piangere (Gv 11,33-44). Egli agiva per porre fine alla sofferenza, alla tristezza, alla miseria e alla morte”. Gesù, il ‘principe della pace’, non era ‘indifferente’, palpitava per l’uomo.
La pace è il grande bene, e il grande bisogno dell’uomo. La pace -ci ha detto papa Francesco nel suo messaggio per questa giornata della pace- ha un grande nemico: l’indifferenza; l’indifferenza verso Dio, l’indifferenza verso i fratelli. L’indifferenza, che nasce da un cuore chiuso, egoista, egocentrico e narcisista, minaccia la pace, rovina la pace, mette in fuga la pace. Noi tutti vogliamo la pace: chiediamo al Signore un cuore buono, sensibile, solidale e generoso.
don Giovanni Unterberger