Giovedì Santo

clicca QUI per scaricare l’omelia

(Es 12,1-8. 11-14;   1Cor 11,23-26;   Gv 13,1-15)

Perarolo di Cadore, 13 aprile 2017

La Messa è l’Ultima Cena. Ogni Messa è l’Ultima Cena.

L’Ultima Cena di Gesù con i suoi apostoli fu una cena insieme conviviale e sacrificale. Fu una cena conviviale perché Gesù quella sera con i suoi apostoli mangiò l’agnello, le erbe amare e gli altri ingredienti tipici della cena pasquale ebraica, attestandosi rispettoso osservante del rituale del suo popolo; ma quella cena fu anche una cena sacrificale. Sacrificale non solo per l’agnello sacrificato, ma perché in quella cena Gesù rese presente il proprio sacrificio, il sacrificio di se stesso, il sacrificio che avrebbe compiuto all’indomani, il venerdì santo, sulla croce.

L’indomani Gesù sarebbe stato messo in croce: il suo corpo sarebbe stato colpito, straziato, ucciso; il suo sangue gli sarebbe stato fatto sgorgare dal corpo sotto i colpi della flagellazione e ad opera dei chiodi alle mani e ai piedi. Gesù avrebbe patito e sarebbe morto. Quel suo sacrificio e quella sua morte egli li rese misteriosamente presenti, anticipandoli, nella cena del giovedì santo.

Nella cena del giovedì santo Gesù rese presente la sua passione e morte nel pane e nel vino che consacrò. “Questo è il mio corpo offerto per voi”, disse, e quel pane consacrato da Gesù divenne il suo corpo ucciso sulla croce l’indomani. “Questo è il mio sangue sparso per voi”, disse, e quel vino consacrato divenne il sangue versato nella flagellazione e sulla croce l’indomani. L’ultima cena fu una cena sacrificale. “Fate questo in memoria di me”, aggiunse Gesù, e gli apostoli dopo la risurrezione di Gesù cominciarono subito a celebrare quella cena, a celebrare la Messa. La Messa, ogni Messa, è l’Ultima Cena; è il rito sacramentale che rende presente quella cena conviviale e sacrificale.

Che la Messa sia una cena conviviale appare da segni chiari: c’è una mensa, sulla mensa ci sono delle tovaglie; ci si accosta a mangiare, a mangiare il pane consacrato. Ma non deve sfuggire che la Messa è anche una cena sacrificale, è la cena che rende presente e attuale qui, ora, per noi, il sacrificio di Gesù, la sua passione e morte, oltre che la sua risurrezione. Per ricordare questa realtà la Chiesa vuole che sulla mensa della Messa ci sia il Crocifisso, o per lo meno ci sia il Crocifisso accanto alla mensa. Perché quella mensa non è solo una mensa, è un altare, è il luogo del sacrificio.

A quel sacrificio, il sacrificio del Figlio di Dio sulla croce, possiamo attingere, e in esso possiamo immergerci. Dalla Messa -si dice- si deve uscire gioiosi. Sì, dalla Messa si deve uscire gioiosi, perché nella Messa ci è stato fatto il dono di immergerci nel sacrificio della croce di Cristo; ci è stato dato di immergerci nel gesto dell’infinito amore di Gesù per noi; ci è stato dato di esserci sentiti amati come non mai, come nessuno ci ha mai amati.  Dalla Messa si deve uscire gioiosi!

E dalla Messa si deve uscire anche rafforzati e rinvigoriti nella capacità di amare. A contatto con l’amore infinito di Gesù che ha patito ed è morto in croce per noi, immersi in quell’amore ed, anzi, avendo addirittura introdotto in noi, con la Comunione, quell’infinito Amore, noi siamo chiamati e siamo resi capaci di amare. Dalla Messa, resi capaci di amare! E’ ciò di cui abbiamo bisogno. “Non possiamo vivere senza la domenica”, dissero i martiri Scillitani del secondo secolo d.C., intendendo dire: “Non possiamo vivere senza il sacrificio di Cristo”, perché la domenica era per loro il giorno della cena sacrificale di Gesù.

Giovedì santo, giorno dell’Ultima Cena; giorno che ci ricorda che cosa sia la Messa, quale tesoro inestimabile e a noi necessario essa sia.

don Giovanni Unterberger

 

Questa voce è stata pubblicata in Omelie di Don Giovanni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.