Solennità della Santissima Trinità (forma ordinaria)

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(Es 34, 4b-6.8-9;   2Cor 13,11-13;   Gv 3,16-18)

 

Duomo di Belluno e chiesa di s. Pietro, 11 giugno 2017

Sant’Elisabetta della Trinità si è fatta santa col Mistero che oggi celebriamo. Elisabetta era una ragazza francese, nata a Digione nel 1880: temperamento focoso, combattivo, incline a scoppi d’ira e di rabbia. A 14 anni già voleva entrare in monastero e consacrarsi a Dio nel Carmelo, le cui mura di cinta vedeva dalle finestre della sua casa, ma la madre, che sognava per lei una vita di matrimonio, le disse: “Quando sarai maggiorenne, deciderai”.

A 19 anni Elisabetta ebbe una grazia singolare. In un colloquio con un frate domenicano si sentì dire: “Figliola, il Padre è in te, il Figlio è in te, lo Spirito Santo è in te. Gesù ha detto: ‘Se uno mi ama, il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui e prenderemo dimora dentro di lui’ ” (Gv 14,23). Elisabetta rimase folgorata. Quelle parole le rivelarono la verità che da quel momento innervò tutta la sua vita. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo erano in lei, la abitavano; lei, Elisabetta, era il Cielo di Dio, il suo paradiso, il luogo della sua dimora.

Diventata monaca nel Carmelo di Digione col nome di Elisabetta della Trinità, Elisabetta parlò spesso nei suo scritti di questo dono e di questo tesoro: “Penso che la mia anima è il tempio di Dio; ad ogni istante del giorno e della notte le Tre Persone divine abitano in me. Quando rinnovo questa consapevolezza, entro in un’intimità davvero adorabile; non mi sento più sola”.    “La Trinità, ecco la nostra dimora, la nostra casa, la casa paterna dalla quale non dobbiamo uscire più. Il Signore l’ha detto un giorno: “Lo schiavo non dimora sempre nella casa, ma il figlio vi dimora sempre” (Gv 8,35). Dio in me e io in lui! Che gioioso mistero la presenza di Dio dentro di noi, nell’intimo santuario delle nostre anime, dove sempre lo possiamo trovare, anche quando non avvertiamo sensibilmente la sua presenza! Mi pare d’aver trovato il Cielo sulla terra, perché il Cielo è Dio, e Dio è nell’anima”.

Al dono della presenza in lei delle Tre Persone divine, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, sant’Elisabetta rispose con entusiasmo e con grande generosità. Rispose con due atteggiamenti: un grande silenzio e una continua lode.

Un grande silenzio. Scrive nelle sue lettere: “L’anima ha bisogno di silenzio. Stiamo in silenzio per ascoltare Colui che ha tanto da dirci! O Verbo eterno, Parola del mio Dio, voglio passare la mia vira ad ascoltarti”. L’ascolto di Dio è la grande arte che l’uomo deve imparare. Ascoltare ciò che Dio ha da dirci è il segreto per crescere, per maturare, per avere la pace, la vita; per non smarrire la strada. La capacità di stare in silenzio domanda maturità, è segno di personalità forte, di personalità che sa reggere e stare in piedi senza il bisogno continuo di potare sempre qualcosa di nuovo dentro di sé. Stare in silenzio mette a contatto col Mistero; permette all’uomo di affacciarsi su di esso; permette al Mistero di parlarci, di svelarsi.

Oltre a un grande silenzio, sant’Elisabetta offrì ai suoi divini Tre, come li chiamava, una continua lode. A un sacerdote scrisse: “Voglio farLe una confidenza: il mio sogno è di essere la lode della gloria di Dio. Voglio fare tutto per la sua gloria. Faccio tutto con lui, per la sua gloria, e a tutto vado con gioia. Sia che spazzi, sia che lavori, sia che vada a pregare, tutto trovo bello e delizioso, perché sono i miei Tre che vedo dappertutto e che onoro dappertutto”.

Elisabetta della Trinità ebbe la vocazione al monastero; noi abbiamo la vocazione alla vita attiva nel mondo, una vocazione per molti aspetti diversa dalla sua. Ma a noi ella ricorda la vera e giusta direzione, la vera e giusta orientazione della nostra vita: Dio; Dio prima di tutto, Dio in tutto, Dio al di sopra di tutto.

La vita terrena di santa Elisabetta della Trinità fu molto breve: soli 26 anni. Il suo passaggio da questa vita all’altra fu particolarmente doloroso per una tubercolosi intestinale, che negli ultimi tempi non le permise di assumere più nulla, neppure la Santa Comunione. Alla sorella Margherita lasciò alcuni pensieri in testamento: “Ti lascio la mia devozione ai Tre: al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Vivi con essi nel Cielo dell’anima tua. Il Padre ti coprirà con la sua ombra, per custodirti tutta sua. Il Verbo imprimerà nell’anima tua, come in un cristallo, l’immagine della sua bellezza. Lo Spirito Santo ti trasformerà in un’arpa mistica dalla quale, al suo tocco divino, si sprigionerà un magnifico canto all’Amore. Allora sarai tu la lode di gloria che io ho sognato di essere sulla terra”.

Qualche giorno prima di morire ella disse quale sarebbe stata la sua missione in paradiso: “La mia missione in paradiso sarà quella di aiutare le anime a prendere coscienza che Dio le abita dentro, e a vivere in un grande amore verso le Tre divine Persone, per trovare il loro Cielo già qui sulla terra”.

Padre Philipon, che pubblicò gli scritti di sant’Elisabetta, mise, a suggello della sua opera, queste parole: “La verità dell’abitazione della Santissima Trinità in noi, di cui vivevano intensamente le prime generazioni cristiane, era stata quasi dimenticata dagli uomini. Un’umile carmelitana è venuta provvidenzialmente a ricordarla al mondo”. Accogliamo la consegna di sant’ Elisabetta della Trinità.

don Giovanni Unterberger

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