33° Domenica del Tempo ordinario 2017 (forma ordinaria)

clicca QUI per scaricare l’omelia

(Prov 31,10-13. 19-20. 30-31;  1Tess 5,1-6;   Mt 25,14-30)

Duomo di Belluno, sabato 18 novembre 2017

  

“Pigro, va’ dalla formica -dice la Sacra Scrittura nel libro dei Proverbi- guarda le sue abitudini e diventa saggio. Essa non ha né capo, né sorvegliante, né padrone, eppure d’estate si provvede il vitto, al tempo della mietitura accumula il cibo. Fino a quando, o pigro, te ne starai a dormire? quando ti scuoterai dal sonno? Un po’ dormire, un po’ sonnecchiare, un po’ incrociare le braccia per riposare…” (Pr 6,6-10).

Non sappiamo se Gesù, che ben conosceva l’Antico Testamento, avesse in mente questo testo del libro dei Proverbi, quando raccontò la parabola dei talenti. Ma certamente con la parabola dei talenti egli voleva esortare all’alacrità, all’impegno, a non cedere all’indolenza e alla pigrizia.

Tutti noi abbiamo dei doni, delle qualità. Chi in un senso, chi in un altro, chi di una sorta, chi di un’altra. Il Signore non ha lasciato nessuno senza doni; a ognuno ha dato qualcosa. L’impegno è a mettere a frutto il dono ricevuto.

Colpisce il fatto che tale impegno non riguardi solo il rapporto con l’umanità, ma riguardi lo stesso rapporto con Dio. L’uomo della parabola che partendo per un viaggio consegnò ai suoi servi i vari talenti, è immagine di Dio. E’ a Dio che noi dovremo rendere conto di come avremo amministrato i doni, e non solo agli uomini. Gli uomini potranno lodarci o biasimarci, ma il loro giudizio non deciderà di noi; a decidere di noi sarà il giudizio di Dio, ciò che lui dirà sulla nostra vita.

“Che cosa hai fatto di quanto ti ho dato? Dell’intelligenza; del cuore; del corpo; del tempo; della salute; del denaro; delle persone che ti ho messo accanto; delle buone ispirazioni che ti ho dato; della mia Parola; dell’Eucaristia. Che cosa ne hai fatto? Quanto hai messo a frutto tutto ciò?”

La prima lettura ci ha tessuto l’elogio della donna esemplare. E’ un passo che ci sorprende, favorevolmente, tenuto conto che la cultura dell’Antico Testamento era fortemente maschilista. Quel testo ci fa riflettere sul dono che è proprio di ogni donna, la sua femminilità. La femminilità è un talento ricco e prezioso, che può ingentilire il mondo.  La femminilità è tenerezza, è sensibilità, è intuizione, generoso dono di sé, cura speciale della vita. Quanto bisogno ha il mondo di questo talento! e quale grave perdita sarebbe per il mondo se la donna abdicasse ad esso, cedendo ad una sorta di degrado di sé!

La parabola dei talenti ci suggerisce un’ultima considerazione. Non a tutti i servi furono dati talenti in uguale misura, ma a chi cinque, a chi due, a chi uno. Davanti al padrone chi ne aveva ricevuto due, o uno solo, non era però in posizione svantaggiata rispetto a chi ne aveva ricevuto cinque; non era un ‘di meno’ ai suoi occhi. Perché il valore dei servi non stava ultimamente nel numero dei talenti ricevuti, ma nell’impegno che essi vi avrebbero messo nel trafficarli. Difatti la medesima ricompensa fu data a colui che ne aveva ricevuto cinque e ne aveva portati altri cinque, e a colui che ne aveva ricevuto due e ne aveva portati altri due. La medesima ricompensa sarebbe stata data anche a colui che ne aveva ricevuto uno, se ne avesse portato uno in più.

Mentre noi, spesso, valutiamo le persone in base ai doni, alle doti, alle capacità che hanno, Dio ci valuta in base allo sforzo che mettiamo nel praticare il bene, nel mettere a frutto ciò che siamo. Potrebbe capitare che persone umili, poco dotate, ma impegnate, siano più grandi agli occhi di Dio di persone molto dotate, che vivessero al risparmio e pigramente.

“Bene, servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo padrone” siano le parole che un giorno Dio possa pronunciare anche su di noi, a nostra salvezza.

don Giovanni Unterberger

Questa voce è stata pubblicata in Omelie di Don Giovanni. Contrassegna il permalink.