24° Domenica dopo Pentecoste 2017 (forma straordinaria)

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(1 Ts 1,2-10;   Mt 13,31-35)

Belluno, chiesa di s. Pietro, 19 novembre 2017

 

Gesù, quel giorno, sentì il bisogno di incoraggiare i suoi apostoli. Gli apostoli erano dodici, non moltissimi. Oltre a loro c’erano i discepoli, e le folle, ma sia gli uni che le altre non erano attaccati a Gesù più di tanto. I discepoli, ad esempio, il giorno che Gesù fece il discorso del pane di vita, della sua carne da mangiare, se ne andarono quasi tutti, dice l’evangelista Giovanni (cfr Gv 6,66); e le folle cercavano Gesù quasi unicamente per interesse, per essere guarite e sanate. Davanti a Pilato, quelle stesse folle avrebbero gridato un giorno: “Crocifiggilo! crocifiggilo!” (Mc 15,13).

Le difficoltà erano molte. Ostilità da parte dell’apparato religioso: scribi e farisei tallonavano Gesù e gli contestavano di continuo quanto faceva e diceva. “Perché guarisci nel giorno del riposo?” ( cfr Mc 3,1-6); “Perché permetti che i tuoi discepoli colgano spighe in giorno di sabato?” (cfr Mc 2,23-24); “Perché lasci che i tuoi discepoli prendano cibo senza fare le abluzioni prescritte?” (cfr Mc 7,5); “Tu vai in casa dei pubblicani e mangi con loro, cosa che è proibita dalle nostre tradizioni” (cfr Mt 9,11).

Anche l’autorità politica era ostile a Gesù: Erode, il tetrarca della  Galilea, cercava di arrestarlo e voleva ucciderlo (cfr Lc 13,31), tanto che Gesù dovette mettersi in salvo rifugiandosi fuori dei confini della Palestina, nella zona di Tiro e Sidone, e vivere lì da ramingo per alcuni mesi; e gli apostoli con lui, a condividere tutte quelle situazioni di pericolo e di difficoltà.

Gesù sentì allora il bisogno di incoraggiare i suoi apostoli e di sostenerli, perché non si perdessero d’animo, perché non lo abbandonassero, ma perseverassero a stare con lui. E raccontò loro le due parabole del granello di senape e del lievito nella pasta. Il Regno di Dio -disse Gesù- è come un piccolo seme seminato dentro la storia del mondo; è piccolo, ma diventerà un albero grande; è come un po’ di lievito che si mescola con la pasta del mondo e quasi scompare, ma la farà lievitare tutta. Succederà così, perché la forza del granello di senapa e del lievito, cioè del Regno di Dio, è la forza stessa di Dio; e Dio è forte, è potente, è onnipotente! Dio può, al di là di tutto e di ogni cosa. “Farò scaturire fiumi su brulle colline, fontane in mezzo alle valli -dice Dio nel libro del profeta Isaia- ; cambierò il deserto in un lago d’acqua, la terra arida in sorgenti” (Is 41,18); “cambierò il vostro lutto in gioia” (Gr 31,13).

Noi possiamo di continuo mettere granelli di senape e manciate di lievito nella storia del mondo e nella nostra storia personale, familiare, ecclesiale. La storia del mondo e di ciascuno non è ancora una storia del tutto redenta, santa, perfetta. Ma vi possiamo mettere dentro del bene. Vi possiamo mettere dentro semi e lievito buoni.  Seme e lievito buoni sono la preghiera, gli atti di carità, di bontà, di pazienza, di sopportazione; sono l’offerta di un dolore, di una sofferenza; sono lo sforzo di essere migliori.

Questi sono semi e lievito buoni. A noi il seminare e mettere lievito buono; a Dio il compito di far sì che semi e lievito portino salvezza. E la porteranno di sicuro, perché Dio lo ha promesso e lo farà. Questa certezza diventi in noi  sempre più certa, e si trasformi in forza e generosità di seminare.

don Giovanni Unterberger

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