3a domenica do Pasqua (forma ordinaria)

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(At 3,13-15. 17-19;   1Gv 2,1-5a;   Lc 24,35-48)

Duomo di Belluno, sabato 14 aprile 2018

Alcuni anni fa è stato pubblicato, qui a Belluno, un simpatico volumetto di filastrocche per bambini, utile, per i suoi messaggi, non solo ai piccoli, ma anche ai grandi, agli adulti. Una delle filastrocche porta il titolo: “Il grande cocciuto”, e parla di Gesù che per ciascuno ha “regali d’amore”; regali che egli vuole fare, e che tiene in serbo, attendendo con pazienza che “l’uscio del cuore” dell’uomo si apra ad accoglierli e a riceverlo. Parla di Gesù che “non si dispera per il nostro male”, per il male che vede nell’uomo, ma che ostinatamente considera ogni uomo “un tipo speciale”. Parla di Gesù, “grande cocciuto”, che in tutti coglie del buono “con il suo fiuto”.

Questo ritratto di Gesù si avvicina al Gesù del brano evangelico che abbiamo ora ascoltato: un Gesù “cocciuto”, non nel senso deteriore del termine, ma in senso buono, positivo, come quello della filastrocca; un Gesù, cioè, che non demorde, non si stanca, persevera nel rapporto con l’uomo, per fargli del bene.

Gli apostoli si trovavano riuniti insieme a Gerusalemme la sera di Pasqua. Sul loro animo pesava come un macigno quanto era accaduto al loro Maestro: Gesù era stato ucciso e, per loro, egli era ancora morto. Il Signore si incaricò di toglierli da quella convinzione; e lo fece in tutti i modi. Con ben sei interventi, registrati nel brano, Gesù cercò di convincere gli apostoli che egli era risorto e vivo. Dapprima fece arrivare a loro i due discepoli di Emmaus a dire: “Abbiamo visto il Signore; l’abbiamo incontrato lungo la via!” Poi apparve egli stesso, in persona, in mezzo a loro. In terza battuta, agli apostoli sconvolti e pieni di paura perché credevano di vedere un fantasma, disse: “Guardate le mie mani e i miei piedi”: mostrò loro le mani e i piedi con le ferite della croce. E poi ancora, quarto intervento, disse: “Toccatemi”. Non solo, dunque, vedere, ma anche toccare! Gli apostoli, poi, per la gioia ancora non credevano -dice il Vangelo- ed erano pieni di stupore, per cui Gesù chiese: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”, e prese cibo davanti a loro. E infine, sesto intervento, Gesù cominciò a spiegare loro le Sacre Scritture e a mostrare come l’Antico Testamento parlasse di lui e avesse predetto la sua morte e la sua risurrezione.

Gesù, un grande cocciuto! Egli è così. Continuamente s’interessa di noi, ci cerca, ci chiama, ci parla, ci fa del bene, ci vuole. Ci vuole bene, e per il bene che ci vuole non ci ‘molla’. Noi non vogliamo resistergli. Vogliamo, invece, ‘cedere’ a lui.

E vogliamo essere anche noi ‘cocciuti’ nei suoi confronti; vogliamo cercarlo, ascoltarlo, amarlo, seguirlo. Molte volte durante la giornata ci dimentichiamo di lui; molte volte pecchiamo e ci allontaniamo dal suo amore, dai suoi comandamenti; ma con ostinazione vogliamo ogni volta riprenderci e tornare a lui; ogni volta rialzarci e ricominciare da capo, senza scoraggiarci e senza arrenderci; sempre, e ancora di nuovo, da lui, e con lui! E’ una cocciutaggine buona, questa, che alla fine avrà successo e otterrà vittoria. Papa Francesco nell’omelia alla Messa di domenica scorsa disse: “Sei recidivo nel peccato? Sii recidivo nel rialzarti e tornare al Signore”.

La vita spirituale, in fondo, è fatta così: un continuo perseverante tentativo di amare il Signore e di obbedirgli fatto da creature deboli e fragili che continuamente vengono meno. A fronte del quale tentativo sta la cocciutaggine del Signore, che sempre accoglie, sempre perdona e sempre ancora dice: “Avanti, camminiamo!”.

don Giovanni Unterberger

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