5^ domenica di Quaresima (forma ordinaria)

Lucas Cranach il Vecchio – Cristo e la donna colta in adulterio – 1532

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(Is 43,16-21;   Fil 3,8-14;   Gv 8,1-11)

Duomo di Belluno, 7 aprile 2019

Domenica scorsa la liturgia ci ha proposto la commovente pagina del figliol prodigo; era una parabola con cui il Signore ci esortava a credere nell’infinita misericordia del Padre celeste e a lasciarci riconciliare con lui con il sacramento del perdono. Oggi dalla parabola passiamo alla realtà; ci viene messo davanti un fatto, qualcosa di realmente accaduto, con il medesimo messaggio: la misericordia e il perdono. L’unico che avrebbe potuto giudicare e condannare (Gesù, il Figlio di Dio, totalmente e assolutamente innocente e senza peccato) non condannò, quel giorno, la donna adultera portatagli davanti dagli scribi e dai farisei; le disse; “Donna non ti condanno”.

Nel racconto c’è un particolare che attira l’attenzione: Gesù, richiesto dai farisei: “Tu cosa dici di questa donna? va lapidata?”, prima di rispondere si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. L’evangelista nota: “col dito per terra”. Perché mai avrà precisato: “col dito”? Era per lui così importante quel particolare, da doverlo ricordare e tramandare? Nell’Antico Testamento, quando si parla del decalogo, dei dieci comandamenti, si dice che Dio li incise sulle tavole di pietra ‘col suo dito’ (cfr Dt 9,10). L’antica legge fu scritta col dito di Dio; ora Gesù, Figlio di Dio, riscrive la legge antica col proprio dito, cioè la ri-promulga, in modo nuovo, in termini di misericordia e di perdono, non più di legge minacciosa e di condanna.

L’adulterio resta peccato, resta pur sempre una cosa cattiva (di fatti Gesù, dopo aver detto alla donna: “Non ti condanno”, aggiunse: “Vai, e d’ora in poi non peccare più”); ma anche per l’adulterio c’è misericordia, come per ogni peccato. L’animo del peccatore può sentirsi sempre sollevato e tornare a respirare, quando si rivolge alla misericordia di Dio e, pentito, desidera convertirsi e migliorare. In Dio trova misericordia.

Ciò invece che Gesù non vuole è che ci si giudichi e condanni gli uni gli altri. “Non giudicate e non sarete giudicati”, egli disse chiaramente e perentoriamente (Mt 7,1). Queste parole non proibiscono che si possano giudicare le azioni, i comportamenti delle persone; io posso, e devo, dire: rubare è male, calunniare è male, abortire è male, ma non posso giudicare e condannare la persona che avesse compiuto tali azioni, che avesse avuto tali comportamenti; il giudizio spetta unicamente a Dio che conosce i cuori; io non conosco fino in fondo il cuore del fratello, della sorella, e non posseggo tutti gli elementi per un retto e giusto giudizio; per di più sono io stesso peccatore.

Gesù, agli scribi e ai farisei che accusavano l’adultera, oppose una parola forte, che li inchiodò e li disarmò: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Siamo tutti con delle mancanze, con delle deficienze; siamo tutti con dei peccati. “Non gettare sassi contro il prossimo, tu che abiti in una casa di vetro -dice un proverbio- ti sarebbe pericoloso”.

Ciò a cui piuttosto Gesù ci chiama è ad evitare il peccato; a ricorrere con fiducia a lui per il perdono; a non ergerci giudici severi di nessuno. Preghiamo mai, invece, per chi veniamo a conoscere (dalla televisione, dai giornali, o anche da una semplice conversazione) essersi comportato male ed avere sbagliato?

don Giovanni Unterberger

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