4^ domenica di Avvento (forma ordinaria)

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(Is 7,10-14;   Rm 1,1-7;   Mt 1,18-24)

Duomo di Belluno, 22 dicembre 2019

Il Natale, che contempliamo ormai vicino, ci appare frutto di tre grandi obbedienze. Obbedì Maria. Un angelo le si presentò a dirle che sarebbe dovuta diventare madre senza concorso d’uomo. Come sarebbe stato possibile? Non era mai accaduto, né era pensabile che mai accadesse. Come dirlo, poi, a Giuseppe? In paese chi le avrebbe creduto? Le avrebbero affibbiato il titolo più infamante che si poteva dare ad una ragazza: la ‘harufà’, la ‘violata’. Ciò che Dio chiedeva, le sconvolgeva la vita.

Maria obbedì, lasciò che Dio operasse in lei, nella sua mente, nel suo cuore, nel suo corpo: “prima che andasse a vivere con Giuseppe, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo”, ci ha detto l’evangelista Matteo.

Obbedì Giuseppe. Si venne a trovare di fronte ad una situazione imprevista, imprevista e dolorosa: Maria, già sua sposa promessasi, gli era mancata di fedeltà, e per legge doveva essere ripudiata; così voleva la legge di Mosè. Ascoltando il proprio cuore buono -Giuseppe era ‘uomo giusto’, ci ha detto Matteo- pensò di ripudiarla non ‘pubblicamente’, cioè non trascinandola in tribunale, il che avrebbe comportato per Maria la lapidazione, ma pensò di ripudiarla ‘in segreto’     -dice il Vangelo-  cioè per mezzo di una scrittura privata.

Anche la vita di Giuseppe veniva sconvolta. Un angelo gli apparve in sogno e gli disse: “Non temere di prendere con te Maria, tua sposa; infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”. Giuseppe obbedì: si trattava di credere ad un fatto inaudito, che Maria fosse incinta restando vergine; credere all’assoluta virtù di lei; accettare una vita di famiglia con un figlio non proprio; vivere con Maria per sempre in perfetta castità e continenza.

Obbedì anche il Verbo, il Figlio di Dio. Il disegno del Padre celeste era quello di salvare l’umanità perduta per mezzo dell’Incarnazione, e “il Verbo si fece carne” (Gv 1,14), prese una natura umana nel grembo di Maria; accettò su di sé il limite, la debolezza e la finitudine della nostra natura, fino a nascere in una stalla, fino a morire su una croce.

Obbedienza di Maria, di Giuseppe, del Verbo; obbedienze sorgenti del Natale. Fu possibile, così, che si avverasse l’antica profezia: “Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio; sarà chiamato Emmanuele, Dio-con-noi”. Obbedienze, fonti di salvezza.

E’ così per tutti, e sempre. L’obbedienza salva, la disobbedienza rovina. Ce lo dice già l’inizio della Bibbia, col racconto dei nostri progenitori nel paradiso terrestre (cfr Gn 3); e ce lo dice tutta la storia umana, fatta di obbedienza e di disobbedienza, di luci e di ombre, di vita e di morte. L’obbedienza a Dio è vita; l’osservanza dei dieci comandamenti e del Vangelo è via alla pace del cuore, è fondamento alla stabilità delle famiglie, certezza di buon ordinamento degli stati e delle nazioni. L’obbedienza alle circostanze della vita, trama del disegno di Dio per noi, è la strada del nostro cammino verso il Signore; viverle con fede, accettandole dalla mano di Dio, è mettersi sulla scia di Maria, di Giuseppe e del Verbo; è permettere che il Signore sia sempre il Dio-con-noi; che ci accompagni, cioè, la sua presenza, che è presenza di Salvatore.

don Giovanni Unterberger

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