Luce

Quando un bambino nasce, si dice: “È venuto alla luce”. Nel grembo della mamma egli stava bene, al tepore e al sicuro, ma era al buio; nascendo ha visto la luce. Di luce ha bisogno tutto ciò che vive. Le piante verdi vivono grazie alla fotosintesi clorofilliana, processo che possono compiere solo grazie alla luce; ci sono fiori che alla sera chiudono le loro corolle, per riaprirle al mattino al comparire del primo chiarore; campione fra tutti è il girasole, che muove continuamente la propria corolla lungo l’intero giorno seguendo il corso del sole, a coglierne i raggi in pienezza.

Noi ci sentiamo fatti per la luce; il buio, le tenebre ci fanno paura, sono sinonimo di freddo, di perdizione, di morte, di male. Mi ha sempre colpito il constatare, nelle visite a vari monasteri benedettini, che la loro chiesa è posta generalmente sul lato nord del monastero stesso. Il nord è il punto dell’orizzonte ove il sole non arriva mai, e quindi è il punto del buio e dell’oscurità, il punto del freddo. La chiesa sul lato nord del monastero doveva riparare dal freddo tutto il complesso murario, e insieme -simbolicamente mettere al sicuro i monaci dalle insidie del diavolo, che ama ordire le sue trame nell’oscurità e nelle tenebre. La luce del giorno ci dà gioia, i giorni di sole influiscono sul nostro buon umore; le tenebre della notte fanno comparire nella mente strani fantasmi, ingigantiscono preoccupazioni e paure.

“Dio è luce e in lui non ci sono tenebre”, esclama l’apostolo Giovanni nella sua prima lettera (1Gv 1,5). Questa è l’altra grande luce di cui l’uomo ha bisogno; luce per l’anima. Già l’uomo ha la ragione, luce che lo apre alla verità (si usa dire: ‘il lume della ragione’), ma la luce della ragione non è sufficiente all’uomo. Troppo facilmente la ragione si sbaglia nel cogliere il vero: condizionamenti, incertezze, schemi mentali acquisiti ed errati, passioni, interessi personali glielo impediscono. Quante volte non sappiamo e non capiamo quale sia la cosa giusta da fare, la via vera da seguire… Abbiamo bisogno di una luce che venga da oltre noi, che venga dall’Alto.

“Lampada ai miei passi è la tua parola, Signore, luce sul mio cammino”, dice un salmo (Sal 119,105); un altro salmo recita: “Tu, Signore, sei luce alla mia lampada; il mio Dio rischiara le mie tenebre” (Sal 18,30-31); e un altro salmo ancora: “Alla tua luce, Signore, vediamo la luce” (Sal 36.10). Della luce di Dio l’uomo ha grande bisogno. Quale luce, se non quella di Dio, è in grado di dissipare il buio della morte, le tenebre del dolore, in particolare del dolore innocente; l’enigma del male del mondo, della storia umana così gravemente appesantita e rovinata da ingiustizie, violenze, soprusi e cattiverie?

Nella sua bontà, Dio ha parlato all’umanità; attraverso la Sacra Scrittura, e in particolare attraverso il suo Figlio fatto uomo, Gesù di Nazareth, Dio ha portato luce nel mondo: “Io sono la luce del mondo -disse Gesù- chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Gesù era luminoso, le sue parole, i suoi insegnamenti, erano splendido chiarore che orientava la vita; i suoi gesti e le sue azioni portavano luce di speranza ai cuori. Della sua luce Gesù voleva, e tutt’oggi vuole, investire i suoi discepoli, i suoi seguaci. Disse: “Voi siete la luce del mondo… gli uomini vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli” (Mt 5,14-16).

Luce sono le virtù; luce sono le parole di verità, sono i gesti di bontà, la carità. Madre Teresa di Calcutta era luce, una luce straordinaria! Vista in tutto il mondo! Faceva fiorire sorrisi di fiducia e di conforto perfino sui volti dei moribondi. L’apostolo Giovanni scrive: “Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v’è in lui occasione d’inciampo. Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi” (1Gv 2,10-11).

La carità è luce. Al contrario, l’egoismo è buio. Un midrash ebraico racconta che un rabbino chiese un giorno ai suoi scolari: “Quando si può dire che sul mondo è spuntata la luce?”. Un primo rispose di getto: “Quando si può distinguere un cavallo da un asino”. “No”, disse il rabbino. “Quando si può distinguere un uomo da una donna”, disse un secondo. “Neppure”, affermò il rabbino. “Quando -disse un terzo scolaro- guardando ogni persona si vede che è un nostro fratello”. “Sì, allora si può dire -confermò il rabbino- che sulla terra è arrivata la luce”.

Don Giovanni Unterberger

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